La pagina “Chi Siamo” è tra le più visitate di un sito web e spesso decisiva per convincere i potenziali clienti a fidarsi di un marchio, di un negozio online o di un servizio. Non si tratta solo di raccontare chi sei, ma di raccontare la tua storia in modo autentico, emozionante e strategico.
In questo articolo ti spieghiamo come scrivere la pagina Chi Siamo perfetta, con esempi concreti e consigli su elementi visivi, tono di voce, struttura e call to action. Il tuo obiettivo? Creare una narrazione che crea un legame con il lettore e mette in evidenza la tua identità.
Il gruppo hacker cinese che trasforma ogni vulnerabilità in un’opportunità di attacco
APT41 si distingue non solo per la sua longevità, ma per la capacità unica di fondere spionaggio di Stato e cybercrime a fini di lucro. Questa entità fluida, nota anche con i nomi di Wicked Panda, Earth Baku o Bronze Atlas, rappresenta una nuova forma di minaccia: quella dei gruppi ibridi, sponsorizzati da un governo ma con la libertà operativa di una gang criminale.
Doppia faccia: intelligence e guadagno
APT41 non è solo un braccio operativo della cybersicurezza cinese: è anche una macchina perfetta per monetizzare vulnerabilità e dati rubati. In grado di muoversi con agilità tra il cyberspazio statale e quello underground, ha attaccato sistemi sanitari, aziende tech, industrie manifatturiere e persino infrastrutture scolastiche. Non per ideologia, ma per vantaggio.
Malware con l’anima: KeyPlug, ShadowPad, TOUGHPROGRESS
Il loro arsenale è tra i più raffinati:
KeyPlug, un backdoor modulare e cross-platform che usa canali C2 su misura.
ShadowPad, il RAT erede di PlugX, personalizzabile e furtivo.
TOUGHPROGRESS, il malware che comunica nascondendo comandi dentro eventi di Google Calendar, rendendo invisibile ogni esfiltrazione.
Hosting gratuito, cloud e forum: l’infrastruttura è ovunque
APT41 sa come sfruttare ogni angolo del web legittimo per i propri scopi:
Usa Cloudflare Workers per mascherare server C2.
Esfiltra dati tramite Google Drive.
Pubblica indirizzi C2 nascosti su forum tecnici con il metodo del dead drop resolver.
Attacchi chirurgici, exploit rapidi
Il gruppo è noto per reagire in tempo record alle vulnerabilità pubblicate. Il caso Log4Shell lo ha visto in azione a poche ore dall’avviso CVE. Non mancano poi exploit cuciti su misura per software di nicchia, dimostrando una capacità di R&D degna di un laboratorio militare.
Earth Baku, una delle sue cellule, ha portato le operazioni in Europa e Medio Oriente. L’Italia è tra i Paesi colpiti. E i bersagli sono sempre più trasversali: non più solo difesa o energia, ma anche università, hotel, cliniche, stabilimenti produttivi.
Difendersi è possibile, ma serve metodo
Contro APT41 non bastano firewall o antivirus. Servono:
Behavioral analytics, perché i loro malware si camuffano troppo bene.
Patch veloci, perché ogni giorno di ritardo è un rischio.
Zero trust architetturale, per isolare i movimenti laterali.
Hardened devices, perché amano colpire i punti più deboli: i dispositivi di rete dimenticati.
Futuro: più AI, meno attribution
APT41 si prepara a usare intelligenza artificiale per ingannare i sistemi di difesa basati su machine learning. E punta a tecniche sempre più sottili per sfuggire all’attribuzione. Potremmo non sapere nemmeno di essere sotto attacco.
La cybersicurezza non è più una questione tecnica, ma geopolitica. E gruppi come APT41 ci ricordano che ogni clic è una possibile breccia, ogni vulnerabilità una porta d’accesso.
Hai appena installato WordPress su un dominio nuovo. Tutto sembra andare bene: entri nell’amministrazione, aggiorni plugin e temi, carichi contenuti, il database registra correttamente ogni modifica. Poi provi a digitare il dominio da uno smartphone, da un altro PC… e appare un messaggio d’errore, o una schermata che ti lascia perplesso.
È quanto accaduto con l’installazione di un paio di siti web, un caso reale che ci aiuta a capire un problema più comune di quanto si pensi.
Il messaggio di errore che confonde
Nel nostro caso, accedendo al sito da un altro dispositivo compariva questa schermata:
“Il file wp-config.php esiste già. Se occorre reimpostare una qualsiasi configurazione presente in questo file, per prima cosa eliminalo. È possibile provare ad installare adesso.”
Un messaggio che suggerisce un errore di installazione, come se WordPress fosse incompleto o avesse bisogno di essere reinstallato. Ma in realtà l’installazione era perfetta: il backend funzionava senza problemi.
Cache server: la colpevole nascosta
Dopo aver controllato tutto (file wp-config.php, permessi, database, DNS), la vera causa è risultata essere la cache lato server di Aruba.
Con l’opzione HiSpeed Cache attiva, Aruba può mantenere una versione cache del sito che, in alcuni casi, risulta corrotta o bloccata dopo l’installazione. Questo può generare comportamenti anomali: tu vedi il sito dal computer su cui hai lavorato, ma da fuori è come se non esistesse o mostra messaggi ingannevoli.
Come risolvere: 4 passaggi
Ecco cosa fare se anche tu ti trovi in questa situazione:
Accedi al pannello Aruba.
Vai alla sezione HiSpeed Cache.
Clicca su “Cancella cache”.
Verifica il sito da uno smartphone o altro computer.
Immediatamente, il sito tornerà visibile da qualsiasi dispositivo.
Un consiglio da chi ci è già passato
Quando installi WordPress su Aruba, svuota sempre la cache server dopo l’installazione, prima di fare qualsiasi test da dispositivi esterni. È una pratica che ti può far risparmiare ore di debugging inutile.
E se ti compare una schermata che ti parla del file wp-config.php… non farti ingannare: controlla prima la cache!
Dopstart ti dà una mano
Se hai un sito WordPress che non si comporta come dovrebbe, Dopstart può aiutarti. Offriamo una prima consulenza gratuita e un’assistenza tecnica completa, dal setup all’ottimizzazione. Possiamo seguirti passo dopo passo nel tuo progetto digitale, per evitare problemi e costruire un sito davvero performante.
Domande e risposte
1. Perché riesco a vedere il mio sito WordPress solo da un dispositivo? Probabilmente stai visualizzando una versione cache salvata sul server o nel browser. Gli altri dispositivi, non avendo quella cache, ricevono una versione errata o un messaggio di errore.
2. Cosa significa il messaggio “Il file wp-config.php esiste già”? È un messaggio che compare quando si tenta di reinstallare WordPress su un sito dove il file wp-config.php è già presente. Tuttavia, se l’admin funziona, spesso non c’è alcun errore reale: il problema è causato dalla cache.
3. Cos’è la HiSpeed Cache di Aruba? È un sistema di cache lato server attivato da Aruba per velocizzare i siti web. Se non viene svuotata dopo un’installazione, può generare errori visivi o bloccare il caricamento corretto del sito.
4. Dove si trova la funzione “Cancella cache” nel pannello Aruba? Dopo aver fatto login nel pannello di gestione Aruba, cerca la sezione HiSpeed Cache e clicca su “Cancella cache”. L’operazione è automatica e non richiede conferme.
5. È necessario eliminare il file wp-config.php manualmente? No, non sempre. Se riesci ad accedere all’admin, molto probabilmente non serve. La cancellazione della cache è spesso sufficiente a risolvere il problema.
6. È un problema frequente su Aruba? Sì, può capitare abbastanza spesso, soprattutto subito dopo una nuova installazione WordPress. Aruba attiva la cache automaticamente, quindi bisogna ricordarsi di svuotarla.
7. Cancellare la cache elimina i dati del sito? Assolutamente no. L’operazione non rimuove contenuti o impostazioni: cancella solo le versioni temporanee salvate per velocizzare il caricamento delle pagine.
8. Devo sempre cancellare la cache dopo un’installazione WordPress? Se usi Aruba o un altro hosting con cache server, sì, è consigliato. Questo ti permette di vedere correttamente il sito da ogni dispositivo.
9. Può succedere anche con altri provider? Sì, anche altri provider che usano sistemi di caching aggressivi (come Varnish, LiteSpeed, o Cloudflare) possono causare problemi simili.
10. Dopstart può aiutarmi anche in altri problemi con WordPress? Certo! Dopstart offre consulenza gratuita e supporto su installazioni, migrazioni, prestazioni, SEO e ottimizzazione completa del tuo sito WordPress.
In questo articolo esploreremo cos’è il User Interface Design (UI Design), perché è cruciale per il successo di un prodotto digitale e come si differenzia dal User Experience Design (UX Design). Analizzeremo anche i principi fondamentali per creare interfacce intuitive, accessibili ed esteticamente piacevoli.
La User Interface (UI) Design è il processo di progettazione delle interfacce con cui l’utente entra in contatto per utilizzare un prodotto digitale: può trattarsi di uno smartphone, di una web app, di un assistente vocale o di un sistema in realtà aumentata.
L’obiettivo principale è combinare funzionalità ed estetica, creando interazioni semplici, fluide e visivamente coerenti. Non basta che un’interfaccia sia “bella”: deve permettere all’utente di raggiungere i propri obiettivi nel modo più efficace e piacevole possibile.
Interfacce grafiche (GUI)
Le GUI (Graphical User Interfaces) sono le più comuni. Comprendono tutto ciò che l’utente vede e tocca: bottoni, menu, icone, slider, form, ecc.
Esempio pratico – App di e-commerce: Pensa a Zalando. La UI è pulita, con menu facilmente raggiungibili, immagini grandi, pulsanti “aggiungi al carrello” ben visibili e percorsi d’acquisto lineari. Un buon UI design qui aiuta a ridurre gli abbandoni del carrello e a far sì che l’utente trovi subito ciò che cerca.
Esempio pratico – App mobile: Nell’app di Instagram, l’interfaccia è pensata per far emergere i contenuti: pochi pulsanti, chiari e posizionati in modo ergonomico. Il cuore in basso per mettere like è un classico esempio di UI pensata per la gestualità mobile.
Interfacce vocali (VUI)
Le VUI (Voice User Interfaces) permettono all’utente di interagire con la voce, senza schermo o con uno schermo secondario.
Esempio pratico – Assistenti vocali: Quando dici “Ehi Siri, accendi la luce in soggiorno”, l’interfaccia non è visibile, ma c’è comunque un design dietro: riconoscimento vocale, risposta audio, conferma visiva sullo schermo (nei modelli più evoluti). Un buon UI vocale è quello che capisce comandi naturali e risponde nel modo atteso, senza frizioni.
Interfacce gestuali (Gesture-based)
Le interfacce gestuali permettono all’utente di usare movimenti del corpo per interagire, soprattutto in ambienti immersivi come VR e AR.
Esempio pratico – Oculus VR: Nell’ambiente di Meta Quest, puoi afferrare, lanciare o ruotare oggetti virtuali solo con il movimento delle mani. Il design dell’interfaccia deve quindi essere intuitivo, con feedback visivo o aptico per confermare le azioni. Il rischio in questi contesti è creare gesti “non naturali” o affaticanti.
UI invisibile ma presente
Il concetto chiave di un buon UI Design è che non deve farsi notare. Se l’utente si chiede “e adesso cosa devo cliccare?”, il design ha fallito.
Esempio – Domino’s Zero Click App: Basta aprire l’app per ordinare la pizza preferita senza fare nulla. Un’interfaccia così minimale da scomparire, ma progettata in modo sofisticato per leggere preferenze, contesto e agire in automatico.
Un buon UI Design:
funziona su tutti i dispositivi (desktop, mobile, wearable, smart TV, ecc.).
guida l’utente con chiarezza;
anticipa le sue intenzioni;
minimizza la fatica;
rispecchia i valori del brand;
UI vs UX Design: una distinzione fondamentale
Spesso confusi, UI e UX design sono due discipline complementari ma distinte, fondamentali nella progettazione di qualsiasi prodotto digitale.
Cosa significa UX design?
UX sta per User Experience Design. Si riferisce all’esperienza globale che un utente ha quando interagisce con un prodotto o servizio digitale: come si sente, quanto è facile raggiungere un obiettivo, quanto è soddisfatto del percorso.
Un designer UX si occupa di:
strutturare il percorso dell’utente (user flow);
mappare i bisogni attraverso personas e customer journey;
fare test di usabilità;
ottimizzare la soddisfazione e la frustrazione.
Cosa significa UI design?
UI sta per User Interface Design. È il lato visivo e interattivo dell’esperienza: tutto ciò che l’utente vede e con cui interagisce direttamente.
Il UX design è l’intera esperienza: dal momento in cui sali in macchina, accendi il motore, ti muovi nel traffico, parcheggi. Include anche il comfort del sedile o la facilità con cui trovi i comandi.
Il UI design è la dashboard: il volante, i pedali, il display touch, la disposizione dei pulsanti.
Un’interfaccia bellissima (UI) non serve a nulla se l’esperienza (UX) è confusa o frustrante. Allo stesso tempo, un’esperienza ben progettata avrà bisogno di un’interfaccia curata per funzionare davvero.
Lavorano insieme
In un team di design:
Il UX designer crea la struttura.
Il UI designer costruisce la veste grafica.
Entrambi devono collaborare per creare un prodotto coerente, efficace e piacevole.
Come progettare un’interfaccia efficace
Progettare una User Interface (UI) efficace richiede un equilibrio tra empatia, logica e estetica. Il primo passo è conoscere a fondo il pubblico di riferimento: chi sono gli utenti? Cosa cercano? Quali sono i loro limiti tecnici, cognitivi, sensoriali?
A partire da qui, si applicano alcuni principi universali:
1. Semplicità
Ogni elemento deve avere uno scopo chiaro. Evita sovraccarichi visivi o funzionalità inutili. Meno è meglio.
Esempio pratico: In una pagina di login bastano due campi (email e password) e un pulsante.
<form> <label for="email">Email</label> <input type="email" id="email" placeholder="Inserisci la tua email">
<label for="password">Password</label> <input type="password" id="password" placeholder="Inserisci la password">
<button type="submit">Accedi</button> </form>
2. Coerenza
Colori, font, stili e layout devono essere coerenti in tutte le schermate. La coerenza aiuta l’utente a sentirsi a proprio agio e a navigare più velocemente.
Esempio pratico: Se un pulsante “Call to Action” è arancione su una pagina, dovrebbe avere lo stesso stile ovunque.
Il design deve essere utilizzabile anche da persone con disabilità. Per l’accessibilità usa contrasto sufficiente, etichette leggibili, e consenti la navigazione da tastiera.
Esempio pratico: Uso corretto delle etichette aria e contrasto colori.
<button aria-label="Aggiungi al carrello"> <immagine del carrello> </button>
body { background-color: #fff; color: #222; /* Contrasto elevato per migliorare la leggibilità */ }
4. Feedback immediato
Ogni azione dell’utente deve avere una risposta visiva o sonora immediata: un’animazione, un cambio colore, una notifica. Questo riduce l’ansia e migliora il controllo percepito.
Esempio pratico: Un pulsante che cambia colore al click.
Il design invisibile è una filosofia che mette al centro la fluidità dell’esperienza, riducendo al minimo il bisogno di spiegazioni o istruzioni.
Non serve che l’utente impari ad usare l’interfaccia. È il design che si adatta al comportamento naturale dell’utente. L’interfaccia guida senza farsi notare, come un bravo maggiordomo.
Esempio reale: Domino’s Zero Click App
La Zero Click App di Domino’s Pizza è un caso celebre.
Una volta configurata, basta aprire l’app e aspettare 10 secondi: la tua pizza preferita verrà ordinata automaticamente. Nessun bottone, nessun menu, nessuna interazione visibile.
Questo è design invisibile allo stato puro: l’interfaccia non chiede nulla all’utente. Agisce in base al contesto, alle preferenze, alle abitudini.
Altri esempi di design invisibile
Autocompletamento intelligente nei motori di ricerca: anticipa ciò che stai per scrivere.
Autosalvataggio in Google Docs: l’utente non deve preoccuparsi di premere “Salva”.
Swipe per archiviare email in Gmail mobile: gesto naturale, nessuna istruzione richiesta.
Come progettare un’interfaccia invisibile
Usa design pattern coerenti e familiari.
Rendi le interazioni intuitive (es. icone familiari, gerarchia visiva).
Elimina passaggi superflui.
Offri feedback immediato ma discreto (es. una piccola animazione, un suono soft).
Anticipa i bisogni con automatismi intelligenti (es. suggerimenti, completamenti).
L’importanza dell’emozione
Nel User Interface Design, spesso si parla di funzionalità, usabilità, accessibilità… Ma c’è un elemento che fa davvero la differenza e che viene troppo spesso trascurato: l’emozione.
Le interfacce parlano alle emozioni
Ogni interazione che un utente compie con un prodotto digitale genera un’emozione. Che sia frustrazione, sollievo, curiosità o entusiasmo, quella sensazione rimarrà legata al tuo brand.
Se l’esperienza è piacevole → l’utente ritornerà Se l’esperienza è frustrante → l’utente abbandonerà
Non basta che un’interfaccia sia funzionale. Deve anche essere piacevole, coinvolgente, umana.
Esempi di design emozionale
Duolingo usa personaggi animati e messaggi motivazionali: “Bravissimo! Sei una leggenda!” → l’utente sorride e continua a imparare.
Spotify personalizza le playlist con titoli emozionali: “La tua estate 2024” → stimola il ricordo e la connessione personale.
Airbnb mostra immagini calde e accoglienti, con messaggi come “Sentiti a casa, ovunque tu sia” → genera fiducia e comfort.
Come progettare emozioni nell’interfaccia
Usa microcopy che parli in modo umano (es. “Ci sei quasi!” invece di “Errore 401”).
Aggiungi animazioni leggere o illustrazioni amichevoli per alleggerire i momenti critici.
Inserisci colori e tipografie coerenti con il tono emotivo del brand (es. colori caldi = accoglienza, blu scuro = affidabilità).
Offri ricompense visive per azioni positive (es. un’animazione dopo aver inviato un modulo).
Ricorda
L’utente dimentica ciò che ha cliccato, ma ricorda come si è sentito.
Dare emozione a un’interfaccia non è un vezzo estetico, è una leva strategica.
Design responsive e adattivo
Nel mondo digitale di oggi, un’interfaccia non può più essere pensata solo per desktop o mobile. L’utente si connette da smartphone, tablet, notebook, smart TV, e persino orologi intelligenti. Per questo, il design responsive e il design adattivo sono due approcci fondamentali.
Cosa significa “responsive”?
Il responsive design è un metodo in cui la stessa interfaccia si adatta dinamicamente alle dimensioni dello schermo, grazie a media query CSS, griglie fluide, e elementi scalabili.
Esempio pratico: Un sito e-commerce che su desktop mostra 4 prodotti per riga, su tablet 2, e su smartphone 1 solo, mantenendo lo stesso codice HTML, ma con stili che cambiano in base alla larghezza dello schermo.
cssCopiaModifica/* Esempio base con media query */ .product { width: 25%; } @media (max-width: 768px) { .product { width: 50%; } } @media (max-width: 480px) { .product { width: 100%; } }
Cosa significa “adattivo”?
Il design adattivo (adaptive) si basa su layout diversi caricati in base al dispositivo. Qui il sistema rileva prima la dimensione dello schermo e carica la versione adatta.
Esempio pratico: Un’app di prenotazione viaggi che carica una versione desktop con molte opzioni e una versione mobile semplificata, con pochi step, icone grandi e pulsanti ottimizzati per il touch.
Differenze principali
Aspetto
Responsive Design
Adaptive Design
Tecnica
Una singola interfaccia
Layout diversi predefiniti
Adattamento
Dinamico e fluido
Su misura per punti di rottura
Tempo di sviluppo
Più veloce
Più complesso
Esempio
Siti WordPress moderni
Alcune app bancarie o airline
Best practice per entrambi
Testa su dispositivi reali, non solo con gli emulatori.
Progetta mobile first (parti dallo schermo più piccolo e poi estendi).
Usa unità relative (em, %) al posto di pixel fissi.
Verifica la touch usability (spazi tra i pulsanti, hit area sufficienti).
Tendenze UI da conoscere
Il mondo del User Interface Design è in costante evoluzione. Le tendenze non sono solo “moda”: spesso riflettono cambiamenti nel comportamento degli utenti, nuove tecnologie e una maggiore attenzione a usabilità e accessibilità.
Ecco le principali tendenze UI del 2025 da conoscere (e valutare):
1. Neumorphism (o soft UI)
Cos’è: Uno stile che combina elementi piatti e ombre soffuse per creare effetto rilievo. È visivamente elegante, con pulsanti che sembrano “emergere” o “affondare” nello sfondo.
Esempio: Pulsanti e card con ombre interne ed esterne, su sfondi chiari e monocromatici.
Pro: Elegante, futuristico Contro: Richiede device performanti (sconsigliato su mobile low-end)
3. Dark mode intelligente
Cos’è: La modalità scura non è più solo estetica, ma si adatta al contesto d’uso, all’orario o alla preferenza di sistema.
Pro: Migliora leggibilità in ambienti scuri, riduce l’affaticamento visivo Incluso come standard in molti sistemi operativi
4. Mobile-first UI + Thumb-friendly design
Con la maggioranza del traffico web proveniente da mobile, i layout sono progettati pensando prima allo smartphone. I bottoni e le aree interattive sono posizionati nella “zona del pollice”.
Pro: Usabilità top su dispositivi mobili Contro: Richiede attenzione a spazi, tap target, ordine dei contenuti
5. UI conversazionale e micro-interazioni
L’interfaccia diventa più umana, tramite bottoni parlanti, micro-animazioni, bot chatbot e feedback visivi/sonori.
Esempio: Un form che ti dice “Ottimo, manca solo la password!” anziché “Campo richiesto”.
Pro: Coinvolge, riduce l’ansia dell’utente Contro: Da usare con misura (non deve diventare invadente)
6. Personalizzazione dinamica
UI che si adatta al comportamento dell’utente: suggerimenti personalizzati, dark/light automatico, layout che cambiano in base all’utilizzo.
Pro: Migliora il tasso di conversione Contro: Richiede analisi dei dati e backend intelligente
Perché affidarsi a Dopstart?
Progettare un’interfaccia che funzioni non è improvvisazione. Se stai sviluppando un’app o un sito web, Dopstart offre una prima consulenza gratuita per analizzare il tuo progetto, individuare criticità e costruire insieme una strategia UI vincente. Ti accompagniamo in tutte le fasi, dall’idea al lancio.
Domande e risposte
Che cos’è il UI design? È la progettazione dell’interfaccia utente per software, app e dispositivi digitali.
Qual è la differenza tra UI e UX? UI riguarda l’aspetto visivo e l’interazione, UX l’intera esperienza dell’utente.
Serve saper programmare per fare UI design? Non necessariamente, ma conoscere HTML e CSS è un vantaggio.
Quali strumenti usa un UI designer? Figma, Sketch, Adobe XD, InVision, tra gli altri.
Quanto guadagna un UI designer? Negli USA lo stipendio medio supera i 75.000 dollari l’anno.
UI design è adatto ai principianti? Sì, con pratica e studio si può iniziare anche da autodidatti.
Quali sono i principi base del UI design? Semplicità, coerenza, accessibilità, feedback e gerarchia visiva.
Come posso migliorare nel UI design? Esercitati, studia, ricevi feedback e segui corsi specializzati.
Esistono interfacce che non siano grafiche? Sì, vocali e gestuali sono esempi di UI non grafiche.
Cosa rende un’interfaccia efficace? Essere facile da usare, intuitiva e piacevole visivamente.
Con l’ascesa dell’intelligenza artificiale generativa, vincere le menzioni è il nuovo obiettivo per chi vuole emergere nel marketing online
La rivoluzione silenziosa: si compra parlando con ChatGPT
Non cerchiamo più, conversiamo. Sempre più consumatori stanno utilizzando modelli linguistici come ChatGPT per fare acquisti online, modificando profondamente le regole tradizionali del marketing digitale. Addio alle strategie basate solo su click e SEO, benvenuto a un mondo in cui contano le menzioni, la reputazione del brand e la capacità di raccontare una storia coinvolgente, leggibile dai nuovi cervelli artificiali.
Un’analisi dettagliata di questo fenomeno è stata pubblicata da Fortune in un articolo firmato da Stuart Dyos, dove si evidenzia come l’uso crescente di ChatGPT stia già influenzando le scelte dei consumatori e costringendo i marketer ad adattarsi rapidamente al cambiamento.
Addio SEO classico, benvenuto al “mention marketing”
Un tempo, tutto ruotava attorno alla posizione su Google. Bastava ottimizzare titoli, meta tag, velocità del sito e versione mobile. Ma oggi, l’intelligenza artificiale generativa pesca informazioni in modo olistico, prendendo spunto da contenuti di terze parti, forum, recensioni e social come Reddit o X.
In questo scenario, diventano fondamentali le citazioni spontanee, le recensioni autentiche e le narrazioni coerenti del brand. È così che un marchio può comparire nelle risposte di ChatGPT, conquistando l’attenzione del consumatore in conversazione con l’AI.
ChatGPT e Amazon: un binomio in ascesa
Secondo il report Datos citato da Dyos su Fortune, tra ottobre e gennaio Amazon è stato il sito più linkato da ChatGPT nelle ricerche degli utenti. Ben il 9,13% del traffico generato dal modello ha indirizzato lì, segno evidente che le persone usano già l’AI per fare acquisti. E il trend è in crescita.
Anche se Google rassicura sul fatto che il traffico organico non sta calando in modo preoccupante, le aziende più lungimiranti stanno già cambiando rotta.
L’era della brand reputation generativa
Come afferma Christine Wetzler, presidente di Pietryla PR & Marketing, “la credibilità ora si costruisce fuori dal tuo sito”. Questo significa che articoli, recensioni, forum, blog e ogni traccia digitale che parla del tuo brand può influenzare la percezione dell’AI.
Lauren Petrullo di Mongoose Media lo dice chiaramente: “Se non racconti tu chi sei, l’AI inventerà per te… e spesso in modo impreciso.”
Come adattarsi: più storytelling, meno keyword stuffing
Non basta più inseguire le parole chiave: oggi serve costruire una voce di marca riconoscibile, creare contenuti digeribili dall’AI, favorire discussioni spontanee e alimentare recensioni vere. Aziende come Hawke Media stanno già lavorando con specialisti come Gumshoe per simulare conversazioni con LLM e testare come il brand viene raccontato. Questo è il nuovo campo di battaglia del marketing digitale.
Con il nuovo aggiornamento, Mountain View offre agli editori maggiore controllo sugli esperimenti pubblicitari e una gestione più granulare
Cambia la gestione degli esperimenti: la svolta per i publisher
Google ha annunciato un importante aggiornamento alla funzionalità di ottimizzazione automatica all’interno di AdSense, rispondendo alle numerose richieste da parte degli editori di ottenere un maggiore controllo sugli esperimenti pubblicitari. Il colosso di Mountain View ha confermato che la modifica sarà implementata progressivamente nelle prossime settimane e interesserà tutti gli account esistenti.
L’ottimizzazione si gestisce ora per singolo sito
La novità più rilevante riguarda la possibilità di gestire l’ottimizzazione automatica a livello di sito. Gli editori potranno decidere individualmente se attivare o meno la funzione su ciascuno dei propri domini. Fino ad ora, le impostazioni si applicavano a livello generale, senza possibilità di distinzione tra un sito e l’altro.
Contestualmente, le impostazioni attualmente attive verranno automaticamente replicate su tutti i siti collegati all’account nel momento dell’aggiornamento.
Spostate le impostazioni: addio alla pagina “Esperimenti”
Le impostazioni per l’ottimizzazione automatica non saranno più gestite dalla pagina Esperimenti, ma direttamente dalla sezione Annunci dell’account AdSense. In questa nuova area, Google ha introdotto una colonna dedicata che consente di verificare facilmente, per ogni sito, se l’ottimizzazione è attiva o meno.
Una nuova logica per l’applicazione degli esperimenti
Un altro cambiamento significativo riguarda l’eliminazione dell’opzione “Solo suggerimenti”, che viene ora sostituita da una casella di controllo: “Applica automaticamente l’impostazione migliore per l’esperimento”. In questo modo, gli editori possono scegliere se lasciare a Google la libertà di applicare automaticamente la soluzione ritenuta ottimale o mantenere un controllo manuale.
Ottimizzazione automatica abilitata di default per i nuovi siti
Per i nuovi siti aggiunti su AdSense, l’ottimizzazione automatica sarà attivata di default, con l’opzione “applica automaticamente l’impostazione migliore” selezionata, un traffico testato al 50% e nessun esperimento bloccato. Google precisa che questa impostazione potrà comunque essere disattivata in qualsiasi momento.
Novità anche per AdSense per la ricerca (AFS)
Gli aggiornamenti interessano anche AdSense for Search (AFS). In questo caso, le impostazioni di ottimizzazione automatica sono state spostate in una nuova sezione dedicata, accessibile dalla pagina principale “Esperimenti”. Resta comunque possibile gestire tali impostazioni a livello di account, mantenendo così una visione centralizzata per chi opera con gli annunci della rete di ricerca.
Una strategia più flessibile per un ecosistema in evoluzione
Con queste modifiche, Google sembra voler consolidare il proprio impegno verso un’esperienza più flessibile e controllata per i suoi utenti business. L’obiettivo è chiaro: mantenere alta l’efficacia dell’ottimizzazione automatica, ma senza compromettere l’autonomia decisionale degli editori. Una direzione che riflette la crescente complessità del mercato pubblicitario digitale e la necessità di soluzioni adattabili ai diversi contesti editoriali.
L’8 e il 9 maggio 2025 Google ha registrato un’improvvisa e forte volatilità nei ranking di ricerca, visibile sia negli Stati Uniti che, il giorno successivo, in Italia. In questo articolo esaminiamo cosa sta accadendo con i dati di Semrush e le principali funzionalità SERP coinvolte, per aiutare marketer e SEO a reagire con consapevolezza.
La scossa dell’8 maggio: impatto iniziale negli USA
Dopo settimane relativamente stabili, l’8 maggio è tornata la turbolenza nelle SERP di Google, in particolare negli Stati Uniti. Le principali community SEO hanno segnalato forti oscillazioni nel traffico e nei posizionamenti, supportate anche dai dati di strumenti come Semrush Sensor, RankRanger e Mozcast.
Questa nuova ondata non è stata accompagnata da alcuna comunicazione ufficiale da parte di Google, alimentando l’ipotesi di update silenziosi o test algoritmici interni, magari connessi al rollout progressivo di funzionalità AI come l’AI Overview.
Volatilità USA 8 maggio 2025 (SemRush Sensor)
9 maggio: la volatilità arriva anche in Italia
Nella giornata del 9 maggio, il fenomeno ha colpito con forza anche le SERP italiane, con un livello di volatilità registrato a 9/10 da Semrush Sensor: un dato che rappresenta una variazione significativa, al pari di un update ufficiale.
Non solo: l’analisi della presenza delle funzionalità SERP mostra dinamiche molto interessanti. Tra le funzionalità con maggiore impatto nelle prime 20 posizioni dei risultati italiani, si segnalano:
Ricerche correlate: presente nel 93,04% delle SERP (+0,48)
Sitelink: 52,74%, seppur in lieve calo (-0,11)
Pacchetto immagini: 43,61%, con un forte incremento (+1,17)
Immagine: 39,53%, ma in calo significativo (-0,26)
Video: 29,61%, in forte ascesa (+0,87)
Le persone hanno chiesto anche: presente nel 66,84% delle SERP (-0,47)
Recensioni: 25,15%, in leggero calo (-0,03)
Particolarmente degna di nota è la crescita delle funzionalità visive come pacchetti immagini e video, a conferma dell’interesse di Google verso una SERP sempre più multimediale e interattiva. Inoltre, la crescita del +4,18% delle Annunci Shopping evidenzia un probabile test commerciale o una ricalibrazione della monetizzazione.
Volatilità Italia 9 maggio 2025 (SemRush Sensor)
Cosa significa per chi fa SEO
Il segnale è chiaro: Google sta rivedendo le priorità nelle SERP, forse in previsione di un annuncio ufficiale o come parte di test sperimentali. I siti che si affidano solo a contenuti testuali potrebbero essere penalizzati a vantaggio di pagine ricche di elementi multimediali, ben strutturate e ottimizzate secondo i principi E-E-A-T.
Per reagire in modo efficace, è consigliabile:
Verificare i propri contenuti multimediali e l’uso dei dati strutturati
Analizzare le feature SERP attive per le proprie keyword
Monitorare costantemente traffico, CTR e posizionamenti
Affidati a Dopstart per affrontare l’incertezza
In scenari di forte instabilità come questo, è fondamentale avere al proprio fianco un partner esperto. Dopstart offre una prima consulenza gratuita, per analizzare l’impatto della volatilità sul tuo sito e guidarti nella giusta direzione, con strumenti avanzati e una strategia SEO solida e su misura.
Domande e risposte
1. Perché l’8 maggio è stato così volatile per le SERP? Si ipotizzano test algoritmici o modifiche interne di Google non ancora ufficializzate.
2. La volatilità ha colpito anche l’Italia? Sì, il 9 maggio Semrush ha registrato un punteggio di 9/10 per l’Italia.
3. Quali funzionalità SERP stanno crescendo? Pacchetti immagini, video, ricerche correlate e annunci shopping.
4. Cosa posso fare se il mio traffico è calato? Analizza le keyword colpite, verifica la presenza di contenuti multimediali e aggiorna i contenuti secondo le linee guida E-E-A-T.
5. Google ha confermato un nuovo update? No, ma i segnali indicano forti movimenti algoritmici in corso.
6. Il bug di GA4 può aver influenzato i dati? Sì, ma solo a livello di visualizzazione; i ranking sono stati comunque alterati.
7. Come interpretare la crescita delle funzionalità shopping? Potrebbe indicare test di monetizzazione o nuove strategie di visibilità per e-commerce.
8. Cosa sono le “feature SERP”? Elementi aggiuntivi nei risultati di ricerca (es. immagini, recensioni, video) che arricchiscono l’esperienza utente.
9. Cosa significa un punteggio di 9/10 su Semrush Sensor? Indica un’altissima instabilità nei ranking, paragonabile a un aggiornamento algoritmico importante.
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La Big Tech consente l’accesso all’AI anche ai più piccoli tramite Family Link: tra promesse educative e timori per la salute mentale. Gemini potrebbe sembrare uno strumento educativo interessante, ma l’interazione tra AI e bambini resta un campo minato. Tra potenziale formativo e rischi reali, il dibattito è appena cominciato.
Un chatbot a misura di bambino?
Google ha annunciato l’apertura di Gemini, il suo chatbot di intelligenza artificiale, anche agli utenti sotto i 13 anni, a patto che siano supervisionati tramite Family Link, il sistema di parental control dell’azienda. Una mossa destinata a far discutere, anche perché arriva in un momento storico in cui l’uso dell’AI tra i minori è ancora un territorio incerto, tra promesse didattiche e rischi concreti.
Nell’email inviata ai genitori, Google rassicura: i bambini potranno usare Gemini per fare domande, ricevere aiuto nei compiti e inventare storie. Tuttavia, sarà inviata una notifica ai genitori al primo accesso del figlio, che potranno così disattivare o regolare l’uso del chatbot.
I rischi evidenziati dagli esperti
Nonostante le misure di sicurezza promesse, i dubbi restano. Google avverte che i filtri di contenuto non sono infallibili e che i bambini potrebbero comunque imbattersi in materiali inappropriati. Da qui, l’invito a non condividere informazioni personali e a ricordare ai piccoli utenti che “Gemini non è umano”.
Il New York Times ha citato studi come quello pubblicato su The Lancet condotto dalla psicologa Karen Mansfield dell’Università di Oxford, che evidenziano come l’interazione con AI che imitano il comportamento umano possa minacciare il benessere psicologico più dei social media. E secondo Unicef, l’AI generativa può produrre contenuti capaci di confondere, manipolare e disinformare le menti più giovani.
Una corsa all’espansione, ma a che prezzo?
Questa apertura ai minori rappresenta una nuova mossa strategica per espandere la base utenti di Gemini, mentre cresce la competizione tra le Big Tech nel campo dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, il prezzo da pagare potrebbe essere la sicurezza dei bambini.
Lo ricorda anche Common Sense Media, che in un recente report denuncia come i chatbot AI possano incoraggiare comportamenti dannosi e aggravare problemi mentali. E mentre Meta AI è finita sotto accusa per conversazioni a sfondo sessuale con minori, la fiducia verso queste tecnologie si sgretola.
Privacy e leggi: Google sotto osservazione
Google garantisce che i dati dei bambini non saranno usati per addestrare i modelli AI. E ribadisce la conformità al Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA), una legge federale che impone l’autorizzazione parentale per la raccolta di dati dai minori.
Tuttavia, visti i precedenti — con Amazon, Microsoft e la stessa Google multate per violazioni — la prudenza è d’obbligo. Anche perché, come ricorda Donato Paolino, Digital Marketer ed ex Google TC, i bambini non dovrebbero nemmeno avere uno smartphone: “Decine di studi pediatrici dimostrano i danni legati all’uso precoce degli smartphone”.
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