Una denuncia antitrust accusa Google di danneggiare gli editori con i riassunti generati dall’intelligenza artificiale nei risultati di ricerca
Con l’arrivo di AI Overviews, Google ha trasformato radicalmente il modo in cui gli utenti cercano informazioni. Quella che una volta era una piattaforma di accesso a milioni di fonti è ora un motore che fornisce direttamente la risposta confezionata, grazie all’intelligenza artificiale. I contenuti originali? Spesso restano dietro le quinte, invisibili e ignorati.
Questo cambiamento ha provocato un vero terremoto nell’editoria online. I clic diminuiscono, le entrate pubblicitarie crollano, e la sopravvivenza dei siti di informazione è messa a dura prova.
A farsi sentire è la Independent Publishers Alliance, una rete di editori europei che ha depositato una denuncia alla Commissione Europea e all’autorità britannica per la concorrenza. L’accusa è netta: Google starebbe abusando della sua posizione dominante per favorire i propri servizi AI, sfruttando contenuti altrui senza consenso.
Il meccanismo denunciato è chiaro: i riassunti generati da AI appaiono in cima ai risultati di ricerca, soddisfano l’utente e riducono il traffico ai siti d’origine. Una dinamica che, secondo i dati preliminari, ha già causato cali di traffico a doppia cifra per molte testate.
Il punto più controverso riguarda la possibilità di escludersi. Gli editori denunciano di non poter evitare l’utilizzo dei propri contenuti per il training e la generazione dei riassunti senza sparire completamente dai risultati di ricerca. Una scelta che si configura come una trappola: accettare di essere “mangiati” dall’AI o scomparire dal web.
Dal canto suo, Google respinge ogni accusa. Il colosso sostiene che le nuove esperienze AI stimolano nuove ricerche, aumentando in realtà la scoperta dei contenuti. Secondo l’azienda, ogni giorno vengono generati miliardi di clic verso siti esterni, e gli effetti reali delle AI Overviews non sarebbero ancora chiari.
Ma per gli editori, non si tratta solo di numeri: in gioco c’è la sostenibilità dell’informazione indipendente e il futuro stesso della libertà editoriale sul web.
Non è la prima volta che Google finisce nel mirino per pratiche legate all’uso dell’intelligenza artificiale. In Stati Uniti, aziende come Chegg hanno già mosso accuse simili. Il modello è lo stesso: IA che apprendono dai contenuti altrui, senza autorizzazione, danneggiando economicamente chi produce informazione.
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