Ecco l’IA di Google che decifra il loro linguaggio. DolphinGemma promette un futuro di comunicazione tra umani e cetacei grazie all’intelligenza artificiale
Una voce dal profondo: così parla l’intelligenza artificiale dei delfini
DolphinGemma, il nuovo progetto firmato Google, potrebbe segnare un punto di svolta nella comprensione della comunicazione animale. Grazie alla collaborazione con il Wild Dolphin Project (WDP), attivo dal 1985, e il Georgia Institute of Technology, questa innovazione si propone di decifrare il linguaggio dei delfini, simulandolo e addirittura generandolo. L’obiettivo? Tradurre i suoni marini in significati umani e, chissà, forse anche avviare un vero dialogo tra le specie.
Il progetto si concentra su una comunità specifica: le Stenelle maculate atlantiche selvatiche delle Bahamas, da anni studiate sul campo grazie a audio e video raccolti in immersioni subacquee. Queste registrazioni hanno già permesso di osservare fenomeni interessanti, come i “fischi firma”, usati da madri e cuccioli per ritrovarsi. Ma ora, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, si punta molto più in alto.
Il cuore di DolphinGemma: una tecnologia audio evoluta
Al centro del sistema DolphinGemma troviamo una potente tecnologia audio AI che utilizza SoundStream, un sofisticato tokenizer sviluppato da Google per la codifica e la comprensione dei suoni complessi. Il modello conta circa 400 milioni di parametri ed è stato addestrato sul database quarantennale del WDP, uno dei più ricchi al mondo per l’analisi delle vocalizzazioni dei cetacei.
L’intelligenza artificiale è in grado di analizzare le strutture dei vocalizzi, identificare schemi ricorrenti, prevedere suoni futuri e addirittura generare nuovi suoni simili a quelli dei delfini. È un funzionamento paragonabile a quello degli LLM (modelli linguistici) applicati al linguaggio umano, che prevedono le parole successive a una frase. Solo che, in questo caso, la posta in gioco è un potenziale vocabolario condiviso tra umani e delfini.
Comunicazione interattiva: la sfida del sistema Chat
Oltre alla decifrazione del linguaggio naturale, il Wild Dolphin Project esplora un’altra frontiera: la comunicazione bidirezionale in ambiente marino. Entra così in scena Chat (Cetacean Hearing Augmentation Telemetry), un dispositivo subacqueo progettato con il Georgia Tech. Chat è capace di emettere fischi sintetici associati a oggetti graditi ai cetacei, come sargassi o erbe marine.
L’obiettivo è che i delfini possano associare quei suoni agli oggetti e iniziare a riprodurli per “chiederli” agli esseri umani. Se il tentativo riuscirà, potremmo assistere all’inizio di un vero scambio semantico tra due specie così lontane, ma accomunate da straordinarie capacità cognitive e sociali.
Un futuro open source e condiviso
Google ha annunciato che DolphinGemma sarà reso open source entro l’estate, permettendo a ricercatori di tutto il mondo di accedere al modello e applicarlo anche ad altre specie di cetacei, come i tursiopi o le stenelle dal lungo rostro. Questo apre le porte a uno sviluppo scientifico senza precedenti nel campo della comunicazione interspecie.
In definitiva, il progetto DolphinGemma non è solo una meraviglia tecnologica: è una promessa di empatia e connessione tra mondi diversi, un ponte tra il nostro linguaggio e quello di creature che, da secoli, popolano gli oceani con un’intelligenza ancora tutta da comprendere.
Aggiungere codice PHP a pagine WordPress può essere utile per personalizzare funzionalità, integrare API, mostrare contenuti dinamici o eseguire script personalizzati. Tuttavia, farlo nel modo sbagliato può compromettere la sicurezza o la stabilità del sito. In questo articolo vedremo i metodi più sicuri e pratici per farlo, anche se non sei uno sviluppatore esperto.
Per motivi di sicurezza, WordPress non consente l’esecuzione diretta di codice PHP all’interno dell’editor delle pagine o degli articoli. Questo perché, se un utente malintenzionato riuscisse ad accedere al backend e inserire codice PHP arbitrario, potrebbe compromettere gravemente il sito web.
Il rischio del PHP arbitrario
Il codice PHP ha accesso completo al server, al database e all’intero ecosistema WordPress. Per questo, eseguire PHP non filtrato può causare:
Esecuzione di comandi malevoli
Furto di dati sensibili
Cancellazione di contenuti o utenti
Accesso backdoor al sito
Un esempio concreto di codice pericoloso
Supponiamo che un utente inserisca questo codice in una pagina:
<?php // ESEMPIO PERICOLOSO - NON USARE if (isset($_GET['delete_users']) && $_GET['delete_users'] == '1') { require_once(ABSPATH . 'wp-admin/includes/user.php'); $users = get_users(); foreach ($users as $user) { wp_delete_user($user->ID); } echo "Tutti gli utenti sono stati cancellati."; } ?>
Se WordPress eseguisse questo codice, basterebbe visitare una URL del tipo:
https://iltuosito.it/pagina/?delete_users=1
per cancellare tutti gli utenti dal database.
Per questo WordPress filtra il PHP
Il contenuto inserito nell’editor è trattato come HTML o shortcode, ma non come codice eseguibile, proprio per evitare exploit come quello sopra.
Come eseguire PHP in sicurezza
Per chi ha bisogno di eseguire codice PHP, ci sono metodi sicuri e controllati:
Sviluppo di template custom o widget personalizzati
Uso di shortcode personalizzati
Plugin come Code Snippets
Come aggiungere PHP in WordPress in modo sicuro
Come aggiungere PHP in WordPress in modo sicuro
Poiché WordPress non permette di eseguire codice PHP direttamente dalle pagine o dagli articoli, è fondamentale adottare metodi sicuri e testati per integrare funzionalità personalizzate senza compromettere il sito. Vediamo i metodi più efficaci.
Metodo 1: Plugin Code Snippets
Il plugin gratuito Code Snippets è il modo più semplice e sicuro per aggiungere codice PHP senza toccare i file del tema.
Esempio:
function mostra_messaggio_benvenuto() { echo "<p>Benvenuto nel nostro sito!</p>"; } add_action('wp_footer', 'mostra_messaggio_benvenuto');
Questo codice mostra un messaggio nel footer di ogni pagina.
Vantaggi:
Nessun rischio di rompere il tema
Interfaccia semplice e commentabile
Possibilità di attivare/disattivare snippet facilmente
Metodo 2: Creare uno shortcode personalizzato
Gli shortcode ti permettono di scrivere codice PHP che può essere “iniettato” direttamente in una pagina o articolo, semplicemente inserendo una parola chiave tra parentesi quadre.
Esempio:
function data_attuale_shortcode() { return "Oggi è il " . date('d/m/Y'); } add_shortcode('data_oggi', 'data_attuale_shortcode');
Una volta inserito nel file functions.php (meglio se di un child theme), potrai usare lo shortcode [data_oggi] nella pagina.
Metodo 3: Aggiungere PHP al file functions.php (con cautela)
Se hai confidenza con i file del tema, puoi scrivere direttamente codice PHP nel file functions.php. Tuttavia, è fondamentale usare un tema child, altrimenti perderai tutto al primo aggiornamento.
Questo codice aggiunge un meta tag personalizzato nell’header del sito.
Dove evitare di inserire codice PHP
Inserire codice PHP in posizioni sbagliate all’interno di un sito WordPress può causare errori critici, malfunzionamenti e anche buchi di sicurezza. Vediamo quindi dove è assolutamente sconsigliato (o vietato) inserire codice PHP.
1. Nell’editor delle pagine o degli articoli
WordPress non interpreta codice PHP nell’editor delle pagine (né in quello a blocchi né nel classico), quindi incollarlo lì non avrà alcun effetto. Il codice verrà mostrato come semplice testo o, peggio, renderà la pagina non visualizzabile.
Esempio sbagliato:
<?php echo "Ciao mondo"; ?>
Risultato: il testo apparirà così com’è nella pagina, oppure causerà errori di visualizzazione.
2. Nei widget senza supporto PHP
I widget di default accettano HTML e testo semplice, ma non PHP. Se incolli PHP in un widget “Testo”, non verrà eseguito.
Soluzione alternativa:
Puoi usare plugin come “PHP Code Widget” o “Code Snippets” per abilitare l’esecuzione sicura di PHP nei widget.
3. Nei file core di WordPress
Modificare file come:
/wp-config.php
/wp-settings.php
file del core in /wp-includes/ o /wp-admin/
è assolutamente da evitare, a meno che tu non sia uno sviluppatore avanzato con un obiettivo preciso e sappia cosa stai facendo. Ogni aggiornamento di WordPress sovrascrive questi file e potresti bloccare il sito con un errore irreversibile (es. white screen of death).
4. Nei file di plugin di terze parti
Modificare direttamente i file di un plugin comporta due problemi:
Perdita delle modifiche al primo aggiornamento.
Rischio di conflitti o malfunzionamenti futuri.
Se devi modificare il comportamento di un plugin, è meglio farlo tramite hook, filtri o creare un plugin personalizzato.
Dove inserire correttamente PHP
In widget, ma solo se abilitati all’uso del PHP
Nel file functions.php del tuo child theme
Tramite plugin come Code Snippets
In shortcode personalizzati
In template personalizzati del tema
Plugin alternativi per inserire codice PHP
Oltre al noto Code Snippets, esistono diversi plugin affidabili che permettono di inserire codice PHP in WordPress in modo sicuro, senza dover modificare direttamente i file del tema. Questi strumenti sono ideali anche per chi non ha esperienza di sviluppo, ma vuole personalizzare il sito.
Ecco i principali:
WPCode – Insert Headers and Footers + Custom Code Snippets
Un’alternativa moderna e molto flessibile a Code Snippets. Permette di:
Inserire PHP, HTML, JavaScript o CSS ovunque
Gestire snippet condizionati (es. solo su certe pagine)
Questo mostrerà una firma personalizzata nel footer.
Insert PHP Code Snippet
Perfetto se vuoi creare shortcode PHP riutilizzabili. Ogni snippet può essere chiamato facilmente dentro articoli, pagine o widget.
Esempio:
Nel plugin crei uno snippet PHP chiamato hello con questo contenuto:
echo "Ciao e benvenuto!";
Poi puoi usarlo con lo shortcode:
[xyz-ips snippet="hello"]
WP Custom Code
Questo plugin consente di inserire codice personalizzato in header, footer, body e altre aree chiave, direttamente da backend, in sicurezza. Non richiede conoscenze tecniche e può essere utile anche per snippet PHP semplici.
Quando usare questi plugin
Usali quando:
Vuoi attivare/disattivare blocchi di codice in un clic
Vuoi evitare modifiche manuali ai file del tema
Hai bisogno di inserire snippet solo in certe pagine
Cerchi una gestione centralizzata e commentabile del codice
FAQ
1. Posso inserire codice PHP direttamente in una pagina WordPress? No, l’editor non interpreta codice PHP per motivi di sicurezza. Usa shortcode o plugin.
2. È sicuro usare plugin per inserire PHP? Sì, se il plugin è affidabile e aggiornato. Code Snippets è uno dei più usati.
3. Posso usare PHP nell’editor a blocchi? No, Gutenberg non supporta codice PHP direttamente. Usa uno shortcode.
4. Come creo uno shortcode PHP? Scrivi una funzione nel functions.php e registra lo shortcode con add_shortcode().
5. Cosa succede se sbaglio a scrivere codice PHP? Potresti bloccare il sito. Esegui sempre backup prima di modificare file o inserire codice.
6. Dove posso testare il mio codice PHP prima di inserirlo in WordPress? Usa ambienti locali come XAMPP o plugin sandbox come “WP Sandbox”.
7. Posso inserire codice PHP in un widget? Sì, ma serve un plugin o la modifica del tema per abilitare i PHP nei widget.
8. È meglio modificare functions.php o usare un plugin? Meglio usare un plugin: è più sicuro e aggiornabile.
9. Come evito che un aggiornamento del tema cancelli il mio codice? Usa un tema child o un plugin per codice personalizzato.
10. Dopstart può aiutarmi a inserire codice PHP nel mio sito? Certo! Offriamo una prima consulenza gratuita e supporto su misura per ogni esigenza.
Google AdSense è uno dei sistemi di monetizzazione più usati sul web, ma in alcuni casi può essere utile o necessario disattivare gli annunci su specifiche pagine del proprio sito.
Questo vale soprattutto quando si vuole mantenere l’attenzione dell’utente sul contenuto, evitare conflitti con altri partner pubblicitari o rispettare politiche editoriali.
In questo articolo vedremo come disattivare AdSense da pagine web statiche e, in particolare, come farlo in WordPress, con e senza plugin.
Google AdSense è un potente strumento di monetizzazione, ma non tutte le pagine di un sito web dovrebbero necessariamente ospitare annunci. In alcuni casi, mantenere una pagina libera da pubblicità può migliorare l’efficacia comunicativa, aumentare la fiducia degli utenti e persino massimizzare il rendimento complessivo del sito. Vediamo in quali situazioni è consigliabile disattivare AdSense e perché.
1. Landing page con call-to-action importanti
Quando una pagina ha come obiettivo principale la conversione (ad esempio l’iscrizione a una newsletter, l’acquisto di un prodotto o la prenotazione di una consulenza), la presenza di annunci può distrarre l’utente o spingerlo a uscire dalla pagina.
Esempio: Una pagina come /offerta-consulenza con il pulsante “Prenota ora” non dovrebbe contenere AdSense, per evitare che un utente clicchi su un annuncio invece che compiere l’azione desiderata.
2. Contenuti premium o ad alto valore informativo
Alcuni contenuti — come guide approfondite, white paper o articoli tecnici — meritano un’esperienza utente priva di interruzioni. In questi casi, rimuovere gli annunci valorizza la percezione del contenuto come professionale e credibile.
Esempio: Una guida dal titolo “Come ottenere agevolazioni fiscali 2025” destinata a imprenditori o commercialisti, sarà più efficace senza annunci che parlano di corsi online generici.
3. Pagine con politiche o contenuti a rischio violazione
Alcuni tipi di contenuto, pur legittimi, potrebbero rientrare nelle aree grigie delle policy AdSense (es. pagine su salute, gioco d’azzardo, CBD, concorsi). In questi casi è meglio prevenire eventuali penalizzazioni da parte di Google.
Esempio: Una pagina che parla di “come organizzare un concorso a premi in Italia” potrebbe essere fraintesa da AdSense, ed è quindi più sicuro escluderla dal circuito pubblicitario.
4. Pagina contatti, privacy e condizioni d’uso
Le pagine istituzionali come “Contatti”, “Privacy Policy”, “Termini e condizioni” non sono fatte per monetizzare. In più, gli annunci su queste pagine potrebbero apparire poco professionali.
Esempio: Un utente che legge la pagina “Chi siamo” si aspetta trasparenza e coerenza, non di essere bombardato da banner.
5. Migliorare la velocità e il punteggio Core Web Vitals
AdSense carica script esterni che rallentano il caricamento della pagina. Su pagine cruciali per’indicizzazione SEO o per campagne pubblicitarie, è fondamentale avere performance ottimali.
Esempio: La homepage o le pagine legate a campagne Google Ads non dovrebbero contenere AdSense, per mantenere tempi di caricamento bassi e una UX fluida.
Disattivare AdSense su pagine HTML statiche
Se gestisci un sito non WordPress, ma con pagine HTML o PHP, la soluzione più semplice è non includere lo script AdSense in quelle pagine. Di solito, lo script è inserito in un file comune come header.php o footer.php, oppure direttamente nel <head> o nel <body>. Basta escludere lo script da quelle pagine specifiche oppure usare un controllo if in PHP, ad esempio:
<?php if ($_SERVER['REQUEST_URI'] != '/pagina-da-escludere.html') { include 'adsense-script.php'; } ?>
Disattivare AdSense su WordPress (manuale e con plugin)
Se usi WordPress, hai diverse opzioni per rimuovere AdSense da pagine specifiche.
1. Disattivare manualmente nel tema
Se hai integrato AdSense direttamente nel tema (es. header.php, single.php o page.php), puoi usare funzioni condizionali di WordPress:
<?php if (!is_page('chi-siamo')) { // Codice AdSense } ?>
Oppure usare l’ID della pagina:
if (!is_page(42)) { // Codice AdSense }
Questo approccio funziona bene se hai poche esclusioni e un minimo di dimestichezza con il codice.
2. Usare plugin per la gestione degli annunci
Per un approccio più flessibile e senza scrivere codice, puoi usare plugin come:
Ad Inserter: consente di mostrare o nascondere annunci in base a ID di pagina, tipo di contenuto, categoria, tag, ecc.
Advanced Ads: offre controlli avanzati per ogni annuncio, incluso targeting per URL, dispositivi, ruoli utente.
Esempio con Ad Inserter:
Installa il plugin.
Crea un nuovo blocco con codice AdSense.
Nella scheda Display Conditions, scegli su quali pagine escludere l’annuncio.
3. Disattivare AdSense automatico (Auto Ads)
Se usi gli Annunci automatici di Google, questi potrebbero comparire anche su pagine dove non vuoi. In questo caso:
Accedi a Google AdSense.
Vai su Annunci > Per sito.
Seleziona il tuo sito.
Clicca su Modifica accanto ad “Annunci automatici”.
In fondo, aggiungi gli URL delle pagine da escludere.
Puoi anche modificare il tag <script> con un attributo data-page-url per istruire AdSense su come comportarsi.
Consulenza personalizzata con Dopstart
Hai bisogno di disattivare o ottimizzare AdSense su WordPress ma non sai da dove iniziare? Dopstart ti offre unaprima consulenza gratuita e può accompagnarti passo dopo passo, dalla revisione del sito fino alla gestione personalizzata degli annunci pubblicitari.
Domande e risposte
1. Posso disattivare AdSense solo su una pagina? Sì, puoi farlo facilmente sia con codice che tramite plugin come Ad Inserter.
2. Se tolgo AdSense da una pagina perdo il guadagno? Solo per quella pagina. Le altre continueranno a generare entrate.
3. I plugin per gestire AdSense rallentano il sito? Non necessariamente. Scegli plugin leggeri e ben mantenuti.
4. Posso nascondere gli annunci solo su mobile o desktop? Sì, molti plugin permettono di farlo in base al dispositivo.
5. È contro le regole AdSense nascondere gli annunci? No, purché tu non alteri il codice o forzi clic fraudolenti.
6. Gli annunci automatici si possono limitare? Sì, tramite il pannello AdSense puoi configurare le regole per auto ads.
7. Posso mostrare AdSense solo a utenti non loggati? Sì, con codice condizionale WordPress o plugin avanzati.
8. Come faccio a sapere quali pagine rendono di più? Usa Google Analytics e il report di rendimento AdSense per pagina.
9. Posso usare più account AdSense su un sito? No, è contro le policy di Google.
10. Dopstart può aiutarmi con l’ottimizzazione AdSense? Sì, offre una prima consulenza gratuita e supporto su misura per WordPress e altri CMS.
Nel marketing digitale, conoscere i propri rivali è fondamentale. Questo articolo approfondisce l’importanza dell’analisi concorrenza nel digital marketing, evidenziando strumenti, strategie e differenze con l’ambito tradizionale. Vedremo anche come fare un’analisi dei competitor, che cos’è l’analisi della concorrenza, e a cosa serve l’analisi della concorrenza, con esempi pratici e modelli utili.
Prima di tutto, occorre chiarire che cos’è l’analisi della concorrenza. Si tratta di un processo strategico che consiste nel raccogliere, esaminare e interpretare informazioni sui competitor diretti e indiretti, al fine di prendere decisioni più informate in ambito aziendale e di comunicazione.
In ambito digital marketing, questo significa osservare attentamente le attività online dei concorrenti: i canali che utilizzano, i contenuti che pubblicano, il posizionamento SEO, le strategie sui social media e molto altro. L’obiettivo è duplice: individuare opportunità ancora inesplorate e difendersi dalle minacce emergenti.
A cosa serve l’analisi della concorrenza
A cosa serve l’analisi della concorrenza? È una domanda che ogni impresa o professionista del digital marketing dovrebbe porsi. La risposta è semplice ma potente: l’analisi concorrenza serve a comprendere in profondità il mercato in cui si opera, per agire in modo più consapevole e strategico.
Senza una chiara analisi dei concorrenti, ogni sforzo di marketing rischia di essere un colpo nel buio: potresti investire risorse su parole chiave già presidiate da colossi, oppure adottare un tono di comunicazione che non risuona con il tuo pubblico. Al contrario, grazie a un’analisi attenta, puoi scoprire nuove opportunità, migliorare ciò che già fai bene, e posizionarti dove gli altri ancora non sono arrivati.
Vediamo ora perché è così importante e quali vantaggi concreti porta, con esempi pratici.
1. Posizionarti in maniera più efficace
L’analisi competitor ti aiuta a capire dove ti trovi rispetto agli altri nel tuo settore e come differenziarti. Ad esempio, se hai una scuola di lingue e scopri che tutti i tuoi concorrenti puntano sul metodo tradizionale, potresti evidenziare nei tuoi messaggi un approccio più innovativo e dinamico, come l’apprendimento attraverso app e microlearning.
Esempio pratico: Un brand di caffè artigianale online nota che i principali competitor comunicano principalmente il gusto. Decide di differenziarsi puntando sulla sostenibilità della filiera. Questo lo aiuta a posizionarsi come “il caffè etico”, attirando un segmento di pubblico sempre più attento all’ambiente.
2. Scoprire nuove esigenze del target
Monitorare le attività e i contenuti dei tuoi competitor diretti e indiretti ti permette di intercettare esigenze emergenti nel tuo pubblico.
Esempio pratico: Un’azienda che vende integratori nota che un concorrente ha iniziato a parlare spesso di “energia mentale” oltre che di “energia fisica”. Analizzando le interazioni del pubblico, capisce che c’è un interesse crescente per il supporto cognitivo, e decide di sviluppare una nuova linea di prodotti dedicata.
3. Anticipare le mosse dei concorrenti
Un’analisi della concorrenza non è solo uno sguardo al presente, ma anche una finestra sul futuro. Osservando pattern, nuove campagne o modifiche nel sito dei tuoi rivali, puoi intuire i loro prossimi passi e preparare una controstrategia.
Esempio pratico: Un e-commerce di moda vede che un competitor ha appena iniziato a spingere molto sul second hand e sui capi riciclati. Capisce che il brand si sta muovendo verso la sostenibilità, quindi decide di introdurre una sezione vintage e promuoverla prima che il tema diventi mainstream.
4. Migliorare il tuo prodotto o servizio
L’analisi dei competitors può anche evidenziare lacune o miglioramenti che puoi applicare alle tue offerte, sulla base di ciò che gli utenti apprezzano (o criticano) nei servizi altrui.
Esempio pratico: Un’agenzia di digital marketing nota che i clienti di un concorrente lamentano risposte lente e poca trasparenza nei report. Decide di puntare sulla customer care e su dashboard sempre accessibili al cliente, creando così un vantaggio competitivo.
5. Ottimizzare le tue strategie promozionali
Capire quali canali funzionano meglio per i tuoi concorrenti, quali contenuti ottengono più engagement, quali annunci vengono sponsorizzati con maggiore frequenza, è essenziale per investire meglio tempo e denaro.
Esempio pratico: Un brand di cosmetici analizza i competitor e scopre che Instagram funziona molto bene per i tutorial video, mentre Facebook ha tassi di interazione molto bassi. Decide allora di concentrare il budget social sulla creazione di video reels e contenuti con creator beauty, riducendo le campagne su Facebook.
Osservare i concorrenti per capire meglio il tuo pubblico
In sintesi, per una efficace analisi della concorrenza bisogna mettersi nei panni del cliente, osservando il mondo attraverso gli occhi dei competitor. Cosa stanno dicendo? Come lo dicono? Cosa funziona? Cosa viene ignorato?
Non si tratta di copiare, ma di interpretare e reagire. L’obiettivo non è replicare ciò che fanno gli altri, ma usare l’analisi dei concorrenti come bussola per trovare la tua strada.
Analisi concorrenza marketing e digital marketing: differenze
È utile distinguere tra analisi concorrenza marketing e digital marketing: differenze sostanziali esistono. L’analisi dei concorrenti nel marketing tradizionale si concentra su aspetti più fisici (distribuzione, prezzo, promozione offline), mentre quella nel digital marketing si focalizza su dati e performance online.
Ad esempio, mentre nel marketing classico puoi osservare il packaging o la posizione sugli scaffali, nel digitale analizzi il traffico web, la visibilità organica sui motori di ricerca, le recensioni online, e il tono usato nei post social.
Come si effettua l’analisi della concorrenza
Come si effettua l’analisi della concorrenza? Non si tratta di un’operazione una tantum, ma di un processo strutturato, da ripetere periodicamente. È fondamentale per chi vuole prendere decisioni informate, adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e restare un passo avanti rispetto ai propri competitor.
Vediamo fase per fase come fare un’analisi della concorrenza efficace, aggiungendo esempi pratici per ogni passaggio.
1. Identificare i competitors diretti e indiretti
Il primo passo è capire chi sono i tuoi veri concorrenti. I competitors diretti offrono prodotti o servizi simili ai tuoi e si rivolgono allo stesso pubblico. I competitors indiretti, invece, soddisfano lo stesso bisogno, ma in modo diverso.
Esempio pratico: Se gestisci una piattaforma online di corsi di yoga, i tuoi competitor diretti sono altri portali che vendono corsi online di yoga. Quelli indiretti potrebbero essere app gratuite di meditazione, palestre che offrono corsi in presenza, o persino canali YouTube che offrono lezioni gratuite.
Strumenti utili in questa fase:
Google (cerca le parole chiave del tuo settore)
Google Maps (per competitor locali)
Marketplace come Amazon o Udemy, se vendi prodotti digitali
2. Raccogliere dati e informazioni
Una volta individuati i competitor, è il momento di raccogliere dati. Esistono numerosi strumenti per questo:
SEMrush o SEOZoom: per analizzare il posizionamento SEO, le keyword e i backlink dei siti concorrenti
SimilarWeb: per stimare il traffico e le fonti di traffico
Google Trends: per identificare l’interesse per determinati argomenti nel tempo
Meta Ads Library: per visualizzare le campagne attive su Facebook e Instagram
Esempio pratico: Scopri che il tuo competitor diretto ha un picco di traffico da LinkedIn, mentre tu lo usi pochissimo. Questo ti suggerisce un canale potenzialmente sottovalutato.
3. Analizzare i contenuti pubblicati
I contenuti sono la voce di un brand online. Analizza cosa pubblicano i competitor sul sito, sul blog e sui social: che tono usano? Quali temi affrontano? Come risponde il pubblico?
Esempio pratico: Un’agenzia immobiliare nota che un concorrente pubblica guide per investitori stranieri in italiano e inglese, con ottimo engagement. Decide di fare lo stesso per attrarre un segmento internazionale, fino a quel momento trascurato.
Osserva:
Frequenza e qualità dei contenuti
Lunghezza degli articoli
Utilizzo di immagini, video e infografiche
Strategie di call to action
4. Valutare il posizionamento SEO
Capire come si posizionano i concorrenti sui motori di ricerca è fondamentale. Guarda per quali parole chiave si classificano, quali pagine generano più traffico e quali backlink ricevono.
Esempio pratico: Gestisci un blog di nutrizione. Noti che un concorrente riceve molte visite da articoli su “colazione proteica per chi fa sport”, tema che tu non hai ancora trattato. Hai quindi uno spunto concreto per un nuovo contenuto ad alto potenziale.
5. Studiare le campagne pubblicitarie e l’engagement social
Analizza quali campagne pubblicitarie stanno attivando i competitor, dove le pubblicano e con quale tono comunicano. Allo stesso tempo, valuta l’interazione del pubblico sui social: like, commenti, condivisioni, recensioni.
Esempio pratico: Un competitor nel settore dell’abbigliamento sponsorizza reel su TikTok con creator di nicchia, ottenendo grande visibilità. Tu, che finora hai puntato solo su Facebook, decidi di sperimentare una campagna simile per testare il canale.
6. Confrontare punti di forza e debolezza
Infine, metti a confronto i punti di forza e debolezza dei tuoi competitor con i tuoi. Cosa fanno meglio? Cosa manca nella loro offerta? Quali spazi puoi occupare?
Esempio pratico: Noti che i tuoi concorrenti hanno un sito molto curato ma mancano di trasparenza nei prezzi. Tu puoi distinguerti inserendo una sezione chiara e dettagliata con listini e pacchetti, migliorando la fiducia del potenziale cliente.
Dalla teoria all’azione
Se ti stai chiedendo come fare un’analisi della concorrenza che sia veramente utile, la risposta è: serve metodo, spirito critico e capacità di trasformare l’osservazione in strategia.
Non basta raccogliere dati: per una efficace analisi della concorrenza bisogna saperli interpretare, trarre conclusioni e decidere azioni concrete. Solo così potrai migliorare la tua posizione sul mercato, offrire più valore al tuo pubblico e restare competitivo in un contesto in continua evoluzione.
Analisi della concorrenza: ecco un esempio pratico
Per comprendere davvero come fare un’analisi della concorrenza, è utile partire da un esempio concreto. Immagina di gestire un e-commerce di cosmetici naturali e di voler migliorare la tua presenza online, intercettare nuovi clienti e capire dove si colloca il tuo brand rispetto alla concorrenza.
Ecco come si effettua l’analisi della concorrenza passo dopo passo in un caso reale, utilizzando gli strumenti e i criteri più efficaci.
1. Identificazione dei competitor
Per prima cosa, individui almeno tre o quattro aziende concorrenti. Non solo i grandi marchi, ma anche realtà simili alla tua per dimensioni, offerta e target. Ti concentri su competitor diretti, che vendono online cosmetici naturali con posizionamenti simili, e su alcuni competitor indiretti, come marchi di cosmetici vegani o biologici distribuiti principalmente tramite marketplace.
Strumenti utilizzati:
Una semplice ricerca Google con parole chiave come “cosmetici naturali online”, “creme viso bio”, “ecommerce skincare naturale”.
SEOZoom per vedere quali domini emergono più frequentemente per le keyword che ti interessano.
2. Analisi SEO: parole chiave e visibilità
A questo punto, entri nel vivo dell’analisi competitor e ti affidi a SEOZoom o SEMrush per confrontare le parole chiave su cui i competitor sono posizionati.
Scopri che:
Il tuo sito è indicizzato per circa 300 keyword, con un traffico stimato mensile di 1.500 utenti.
Uno dei competitor principali ha invece 2.300 keyword indicizzate e un traffico di 12.000 utenti mensili.
Un altro brand emergente ha “solo” 600 keyword, ma si posiziona molto bene per termini long tail come “crema idratante bio per pelli sensibili” — keyword ad alta intenzione d’acquisto.
Da questo puoi capire che non serve per forza puntare su keyword generiche e ipercompetitive, ma potresti migliorare creando contenuti ottimizzati per keyword specifiche, più in linea con le reali esigenze del tuo pubblico.
3. Fonti di traffico e performance generali
Con SimilarWeb, analizzi il traffico dei siti concorrenti per capire da dove arrivano i loro utenti.
Emerge che:
Il tuo traffico proviene per il 65% da ricerca organica, il 20% da social e il resto da traffico diretto o referral.
Un concorrente ha un forte traffico da Instagram (oltre il 35%), probabilmente dovuto a campagne con influencer o contenuti virali.
Un altro ha un traffico consistente da newsletter, segno di una strategia efficace di email marketing.
Queste informazioni ti suggeriscono di potenziare la tua presenza su Instagram e di lavorare sulla fidelizzazione attraverso l’email marketing.
4. Analisi dei contenuti e presenza social
Passi quindi ad analizzare i contenuti pubblicati e la presenza sui social. Osservi:
Il tono usato dai concorrenti: più amichevole e informale rispetto al tuo approccio attuale, che è più tecnico.
La frequenza: i brand più attivi pubblicano 3-4 volte a settimana su Instagram e aggiornano il blog almeno 2 volte al mese.
I formati: Stories, reel, recensioni degli utenti, contenuti educativi (come “come si usa l’acido ialuronico”).
Esempio pratico: Uno dei concorrenti ha una rubrica fissa il lunedì con consigli beauty stagionali, che riceve centinaia di interazioni. Tu potresti replicare l’idea adattandola alla tua linea di prodotti, creando ad esempio una serie “La beauty routine naturale della settimana”.
5. Engagement e relazione con il pubblico
Infine, analizzi l’interazione del pubblico. Ti accorgi che:
I post del tuo e-commerce ricevono pochi commenti, mentre quelli dei competitor stimolano spesso domande e condivisioni.
Le stories dei concorrenti contengono sondaggi, quiz e domande dirette al pubblico, aumentando la partecipazione.
Molti utenti taggano i competitor nelle loro esperienze d’uso, anche perché vengono incentivati con repost o piccoli premi.
Questa osservazione ti spinge a rafforzare la community: potresti creare un hashtag ufficiale del tuo brand, promuovere contenuti generati dagli utenti e incoraggiare il dialogo nei commenti.
Conclusione: dall’osservazione all’azione
Questo semplice ma completo esempio pratico di analisi della concorrenza dimostra come, anche con strumenti accessibili e un po’ di metodo, si possano ottenere insight preziosi. Non solo per capire cosa fanno meglio gli altri, ma anche per:
identificare i tuoi punti di forza ancora poco valorizzati
trovare ispirazione concreta per nuovi contenuti e offerte
migliorare il modo in cui comunichi con il tuo pubblico
L’analisi dei competitors, se fatta con costanza e spirito critico, si trasforma da esercizio teorico a vero motore di crescita strategica.
Infografica
Infografica sull’analisi competitors
Analisi dei competitors: cosa guardare
Fare un’analisi dei competitors efficace significa guardare oltre i numeri. Non basta sapere quante visite ha un sito, quanti follower ha un brand, o quante keyword presidia: ciò che conta davvero è capire il perché dietro ogni scelta strategica, individuando cosa funziona, per chi funziona, e come puoi differenziarti.
Vediamo insieme gli elementi principali da analizzare, uno per uno, con esempi pratici per ogni aspetto.
1. Target e proposta di valore
Chi è il pubblico di riferimento dei tuoi competitor? Che bisogni soddisfano? Che messaggio veicolano? Analizzare il target e la proposta di valore ti aiuta a capire se stai parlando allo stesso pubblico — e se lo stai facendo nel modo giusto.
Esempio pratico: Due brand vendono cosmetici naturali. Uno si rivolge a giovani under 30 amanti del minimalismo, con pack colorati e prezzi accessibili. L’altro punta su donne over 40 attente alla qualità premium e all’origine degli ingredienti. Il primo comunica freschezza e immediatezza; il secondo raffinatezza ed esclusività. Capire questa differenza ti permette di non sprecare energie su un target sbagliato e di affinare la tua comunicazione.
2. Tono di comunicazione
Il tono di voce è uno degli aspetti più distintivi in una strategia di digital marketing. Può essere amichevole, formale, tecnico, ironico, empatico… e deve rispecchiare il posizionamento del brand.
Esempio pratico: Analizzando un competitor nel settore delle assicurazioni online, scopri che usa un tono rassicurante ma semplice, con metafore visive (“una rete di sicurezza per ogni imprevisto”) e uno stile diretto. Se il tuo brand ha finora usato un linguaggio troppo burocratico o impersonale, potresti considerare un cambio per migliorare la percezione di vicinanza e affidabilità.
3. Strategia SEO: parole chiave e backlink
Una parte centrale dell’analisi dei competitors riguarda la SEO: quali parole chiave presidiano? Che tipo di contenuti pubblicano per posizionarsi? Che autorevolezza hanno i loro backlink?
Esempio pratico: Noti che un concorrente si posiziona molto bene per keyword di nicchia come “detergente viso con aloe per pelle grassa”. Tu, invece, hai contenuti troppo generici. Questo ti indica la strada per creare articoli specifici che intercettino intenzioni di ricerca più mirate e ad alta conversione.
Inoltre, scopri che il competitor riceve backlink da portali autorevoli come Vanity Fair o GreenMe, a seguito di articoli guest post o campagne PR. Questo suggerisce un investimento su attività di digital PR e link building per rafforzare anche la tua presenza.
4. UX/UI del sito
Un sito bello da vedere ma difficile da navigare è un’occasione sprecata. Nell’analisi competitor, osserva come è strutturato il sito: è chiaro? Si carica velocemente? La navigazione è fluida? Il processo d’acquisto è semplice?
Esempio pratico: Visiti il sito di un competitor e noti che ha una homepage con pochi elementi, pulsanti ben visibili e una CTA (“Prova subito gratis”) che compare già nei primi 5 secondi. Tu invece hai una homepage affollata, nessun invito all’azione e un modulo di contatto che richiede troppi passaggi. Questa osservazione può portarti a ripensare l’interfaccia con un occhio più strategico e orientato alla conversione.
5. Attività sui social media
I social non servono solo a “postare”, ma a costruire relazioni e rafforzare la reputazione. Studia frequenza di pubblicazione, format utilizzati, tipo di interazione con il pubblico.
Esempio pratico: Un competitor pubblica con costanza reel, quiz, recensioni clienti e rubriche settimanali. Tu pubblichi saltuariamente post statici senza grande varietà. Capisci che per restare competitivo devi rivedere il tuo piano editoriale, integrando formati dinamici e momenti di coinvolgimento attivo.
6. Recensioni e reputazione online
La reputazione online è la voce dei clienti, e per questo rappresenta una miniera d’oro da esplorare. Leggi le recensioni sui social, su Trustpilot, Google, marketplace o blog.
Esempio pratico: Scopri che un competitor viene lodato per la velocità di consegna ma criticato per l’assistenza post-vendita. Tu, invece, offri un’assistenza eccellente ma non lo comunichi abbastanza. Questo ti offre due spunti: migliorare la logistica e mettere in evidenza i tuoi punti di forza reali, come la disponibilità del customer care, nella comunicazione.
L’importanza dell’analisi qualitativa
Ricorda: un’analisi dei competitors davvero utile non è fatta solo di grafici e numeri, ma anche di intuizione, osservazione e senso critico. Capire perché un contenuto funziona, perché un tono coinvolge, perché una pagina converte, è la chiave per imparare dai migliori senza copiarli.
Osservare non significa imitare, ma trarre ispirazione consapevole per creare una proposta di valore autentica, differente e coerente con i tuoi obiettivi.
Che modello utilizzare per analisi competitors
Esistono diversi modelli per svolgere un’analisi dei competitors. Uno dei più noti è l’analisi SWOT, che ti permette di identificare Forze, Debolezze, Opportunità e Minacce. Un altro è il modello delle 5 forze di Porter, utile per analizzare la pressione competitiva nel settore.
Entrambi aiutano a trasformare i dati raccolti in strategie operative. Che modello utilizzare per analisi competitors dipende dagli obiettivi: se vuoi migliorare il posizionamento SEO, sarà più utile un confronto diretto tra keyword e backlink; se ti interessa il branding, ti concentrerai sul tono di voce e sulla comunicazione visiva.
Sintesi analisi competitor
In sintesi, come fare un’analisi dei competitor? Parti con uno schema semplice:
Definisci gli obiettivi dell’analisi
Seleziona i competitors rilevanti
Raccogli informazioni strategiche
Confronta le performance
Redigi un report e identifica le aree di miglioramento
Se ti affidi a strumenti di monitoraggio e a un buon occhio critico, potrai anticipare le mosse dei rivali e trovare nicchie interessanti da esplorare.
Checklist Analisi Competitors
Identificazione dei competitor
Ho individuato almeno 3–5 competitor diretti
Ho individuato eventuali competitor indiretti
Ho verificato le loro posizioni su Google per parole chiave rilevanti
Analisi SEO e visibilità
Ho confrontato le parole chiave posizionate
Ho analizzato il traffico organico stimato
Ho esaminato la struttura dei backlink
Ho individuato eventuali keyword di nicchia da sfruttare
Strategia di contenuto e tono di comunicazione
Ho analizzato i temi trattati nei blog/articoli
Ho valutato la frequenza e qualità dei contenuti
Ho definito il tono di voce utilizzato
Ho osservato la presenza di call to action efficaci
UX/UI e sito web
Il sito è veloce e ottimizzato mobile
La navigazione è chiara e intuitiva
Il funnel (acquisto o contatto) è semplice e visibile
Le informazioni chiave sono facili da trovare
Social media e campagne
Ho verificato su quali piattaforme social sono attivi
Ho osservato i format utilizzati (reel, stories, live, post)
Ho valutato il livello di engagement (like, commenti, condivisioni)
Ho consultato la Meta Ads Library o strumenti simili per analizzare le campagne attive
Reputazione online
Ho letto le recensioni clienti
Ho individuato punti di forza e debolezza secondo gli utenti
Ho verificato eventuali strategie di fidelizzazione (newsletter, promozioni, customer care)
Che cos’è l’analisi della concorrenza? È lo studio delle strategie e performance dei concorrenti per migliorare la propria.
A cosa serve l’analisi della concorrenza? A prendere decisioni più informate e rafforzare la propria posizione sul mercato.
Quali sono i principali strumenti per l’analisi competitors? SEOZoom, SEMrush, SimilarWeb, Google Trends, Ubersuggest.
Come si identificano i competitors diretti e indiretti? Diretti vendono lo stesso prodotto al tuo target, indiretti intercettano il bisogno in modo diverso.
Come fare un’analisi dei competitor efficace? Definisci gli obiettivi, raccogli dati affidabili e confrontali in modo strutturato.
Qual è la differenza tra analisi di marketing tradizionale e digitale? Il digitale è basato su dati online (SEO, social, traffico), il tradizionale su canali fisici e relazionali.
Cosa include un’analisi dei contenuti dei competitor? Frequenza, qualità, tono, formati, engagement.
Quanto spesso va fatta l’analisi della concorrenza? Idealmente ogni trimestre o prima di lanciare nuovi progetti o campagne.
Che modello utilizzare per l’analisi competitor? SWOT per analisi interna/esterna, 5 forze di Porter per analisi di mercato.
Qual è il beneficio principale di un’analisi competitor ben fatta? Scoprire opportunità e migliorare la propria strategia prima degli altri.
Google Search Console è uno strumento fondamentale per monitorare e ottimizzare la visibilità di un sito web nei risultati di ricerca di Google. Se hai un blog su Google Blogger, puoi collegarlo a Google Search Console per ottenere dati utili riguardo il traffico, le query di ricerca, gli errori di indicizzazione e molto altro.
In questo articolo, esploreremo come collegare il tuo sito Blogger a Google Search Console sia nel caso in cui utilizzi un dominio di secondo livello (ad esempio, www.tuosito.com), sia nel caso in cui decida di continuare a usare il dominio fornito da Blogger (ad esempio, tuosito.blogspot.com).
Collegare Blogger a Google Search Console senza dominio personalizzato
Se non desideri utilizzare un dominio di secondo livello e preferisci mantenere l’indirizzo del tuo blog su Blogger (come tuosito.blogspot.com), la procedura per aggiungere il sito a Google Search Console è molto semplice. In questo caso, non dovrai preoccuparti della configurazione dei record DNS, poiché Blogger si occuperà automaticamente di gestire il dominio.
Accedi a Google Search Console e clicca su “Aggiungi una proprietà”.
Inserisci l’indirizzo completo del tuo blog, includendo il prefisso https:// (ad esempio https://tuosito.blogspot.com).
Google ti offrirà diversi metodi di verifica. Il metodo più semplice in questo caso è il metodo HTML, che ti consente di aggiungere un tag di verifica direttamente nelle impostazioni di Blogger.
Per usare il metodo HTML:
Copia il codice di verifica che Google ti fornirà.
Vai su Blogger, accedi alle Impostazioni del tuo blog e seleziona “Preferenze di ricerca”.
Nella sezione “Verifica la proprietà del sito”, incolla il tag HTML di verifica e salva le modifiche.
Una volta completata la verifica, potrai iniziare a monitorare il rendimento del tuo blog su Google Search Console.
Collegare Blogger a Google Search Console con dominio personalizzato
Collegare Blogger a Google Search Console con dominio personalizzato
Se desideri utilizzare un dominio di secondo livello (come www.tuosito.com) per il tuo blog su Blogger, il processo richiede alcuni passaggi aggiuntivi rispetto all’uso del dominio predefinito di Blogger. Questo ti permette di avere un dominio più professionale e di migliorare la credibilità del tuo sito. Vediamo insieme come configurare il dominio, i record DNS e aggiungere il sito a Google Search Console.
1. Acquisto del dominio di secondo livello
Il primo passo è acquistare un dominio di secondo livello tramite un provider di domini come GoDaddy, Namecheap, Google Domains o altri servizi simili. Una volta acquistato il dominio, dovrai configurarlo per puntare al tuo blog su Blogger.
Esempio:
Supponiamo che tu voglia utilizzare il dominio www.tuosito.com.
2. Configurare il dominio su Blogger
Una volta acquistato il dominio, devi configurarlo su Blogger. Ecco come fare:
Accedi a Blogger e vai alla sezione “Impostazioni” del tuo blog.
Sotto la sezione “Indirizzo blog”, inserisci il tuo dominio personalizzato. Ad esempio, www.tuosito.com.
Blogger ti fornirà due informazioni cruciali per configurare i record DNS: un record CNAME e un record A.
3. Configurare i record DNS
Accedi al pannello di controllo del tuo provider di dominio (ad esempio, GoDaddy, Namecheap, ecc.) e modifica le impostazioni DNS del tuo dominio. Dovrai aggiungere i seguenti record:
Record CNAME
Questo record è utilizzato per indirizzare il tuo dominio a Blogger. Blogger ti fornirà un indirizzo CNAME, che potrebbe sembrare qualcosa di simile a:
Nome (Host):www
Valore (Destinazione):ghs.google.com
Aggiungi un record CNAME per il tuo dominio, dove www punta a ghs.google.com.
Record A
Blogger richiede anche che tu aggiunga un record A per garantire che il dominio funzioni correttamente senza il prefisso “www” (ad esempio, tuosito.com senza www). I record A che devi aggiungere sono:
Nome (Host): @
Valore (Destinazione):216.239.32.21
Valore (Destinazione):216.239.34.21
Valore (Destinazione):216.239.36.21
Valore (Destinazione):216.239.38.21
Questi indirizzi sono i server di Google che gestiscono Blogger. Quando aggiungi questi record, il tuo dominio sarà configurato correttamente per puntare al blog su Blogger.
Esempio di configurazione DNS:
CNAME Record:
Nome: www
Destinazione: ghs.google.com
A Record:
Nome: @
Destinazione: 216.239.32.21
Destinazione: 216.239.34.21
Destinazione: 216.239.36.21
Destinazione: 216.239.38.21
Dopo aver aggiunto questi record, salva le modifiche nel pannello di controllo del tuo provider di dominio. La propagazione dei DNS potrebbe richiedere alcune ore, quindi assicurati di aspettare il tempo necessario affinché le modifiche vengano applicate.
4. Aggiungere il sito a Google Search Console
Una volta che il tuo dominio è configurato correttamente su Blogger, puoi passare alla fase di collegamento a Google Search Console per monitorare le performance del sito. Ecco come fare:
Vai su Google Search Console e clicca su “Aggiungi una proprietà”.
Inserisci il dominio completo del tuo sito, ad esempio: https://www.tuosito.com.
Seleziona il metodo di verifica DNS. Google ti fornirà un record TXT da aggiungere alle impostazioni DNS del tuo dominio. Questo record TXT assomiglia a qualcosa come:iniCopiagoogle-site-verification=xyz123abc456
Accedi nuovamente al pannello di controllo del tuo provider di dominio e aggiungi il record TXT nelle impostazioni DNS del dominio.Esempio di record TXT:
Nome: @
Valore:google-site-verification=xyz123abc456
Dopo aver aggiunto il record TXT, torna su Google Search Console e clicca su “Verifica”. Se tutto è configurato correttamente, Google Search Console confermerà la verifica del tuo sito.
5. Monitorare e ottimizzare con Google Search Console
Dopo aver verificato con successo il tuo dominio, ora puoi monitorare le performance del sito tramite Google Search Console. La piattaforma ti fornirà dati utili, come:
Parole chiave che portano traffico al tuo blog.
Impression e clic per ogni pagina.
Errori di indicizzazione da correggere.
Backlink che puntano al tuo sito.
Suggerimenti per ottimizzare i contenuti.
Inoltre, grazie a Search Console, puoi ricevere avvisi su potenziali problemi di SEO, come errori 404, problemi con le mobile-friendly pages o la velocità di caricamento del sito.
Monitorare e ottimizzare il sito con Google Search Console
Una volta collegato il tuo blog a Google Search Console, puoi iniziare a monitorare vari aspetti delle prestazioni del tuo sito. Search Console ti offre una panoramica dettagliata di come il tuo sito appare nelle ricerche di Google, evidenziando le parole chiave che portano traffico e i possibili problemi di indicizzazione.
Inoltre, potrai analizzare dati come clic, impression e CTR (click-through rate), identificando le pagine più visitate e quelle che necessitano di ottimizzazione. Utilizzando i dati di Google Search Console, potrai migliorare il tuo sito sotto diversi aspetti, come l’ottimizzazione delle meta description, l’inserimento delle giuste parole chiave e la correzione di eventuali errori 404.
Conclusioni
Collegare il tuo blog Blogger a Google Search Console è un passo fondamentale per migliorare la visibilità online, indipendentemente dal fatto che tu utilizzi un dominio personalizzato o meno. Con l’accesso a Search Console, avrai gli strumenti necessari per monitorare il traffico del tuo sito, identificare eventuali problemi e ottimizzare il posizionamento su Google. Utilizza questi dati per migliorare continuamente il tuo sito e aumentare la sua presenza online.
Domande e risposte
Posso collegare il mio sito Blogger a Google Search Console senza un dominio personalizzato? Sì, puoi farlo usando l’indirizzo del tuo blog su Blogger (ad esempio tuosito.blogspot.com).
Come aggiungere il mio blog a Google Search Console? Basta accedere a Search Console, aggiungere l’URL del tuo blog e scegliere il metodo di verifica.
Come verificare la proprietà del mio blog su Search Console? Puoi usare il metodo HTML o il metodo DNS, a seconda se hai un dominio personalizzato o meno.
Cosa fare se il sito non è verificato su Google Search Console? Verifica che il codice di verifica sia stato aggiunto correttamente nelle impostazioni di Blogger o nel DNS.
Posso usare Google Search Console se non ho un dominio personalizzato? Sì, puoi usare Search Console anche con il dominio predefinito fornito da Blogger.
Cosa sono i record DNS e come li configuro? I record DNS sono impostazioni che permettono al tuo dominio di puntare al blog su Blogger. Dovrai configurare i CNAME e A record nel pannello di controllo del tuo provider di dominio.
Perché è importante collegare Blogger a Google Search Console? Google Search Console ti permette di monitorare il rendimento del tuo sito e ottimizzare la sua visibilità nei risultati di ricerca.
Come posso migliorare il mio blog usando Search Console? Puoi analizzare i dati sulle parole chiave, ottimizzare le meta description e risolvere i problemi di indicizzazione.
Posso usare Search Console con altri CMS oltre a Blogger? Sì, Google Search Console è compatibile con qualsiasi sito web, non solo con Blogger.
Google Search Console è gratuito? Sì, Google Search Console è uno strumento gratuito offerto da Google.
La nostra Agenzia SEO raramente ha richieste per ottimizzare siti fatti con Google Blogger. Tuttavia è capitato che qualche cliente si sia fatto un blog personale e abbia chiesto qualche suggerimento per l’ottimizzazione SEO. E’ nostro piacere condividere i consigli che solitamente diamo in questi casi.
In questo articolo scoprirai come fare SEO su Blogger, la piattaforma gratuita di blogging di Google. Che tu stia utilizzando un dominio blogspot.com o un dominio personalizzato, ci sono diverse strategie che puoi applicare per migliorare il posizionamento sui motori di ricerca. Pur essendo più limitato rispetto a WordPress, Blogger permette comunque un buon margine di ottimizzazione, se sai dove mettere le mani.
Vedremo come configurare correttamente il blog, ottimizzare i contenuti, curare la struttura e sfruttare gli strumenti a disposizione per raggiungere risultati concreti anche su questa piattaforma.
Quando si crea un blog su Blogger, Google assegna un dominio gratuito di terzo livello, come tuoblog.blogspot.com. In alternativa, puoi acquistare un dominio di secondo livello (es. tuoblog.it) e collegarlo al tuo blog.
Dal punto di vista SEO, non ci sono penalizzazioni per il dominio blogspot, ma un dominio personalizzato offre alcuni vantaggi: migliora la percezione di autorevolezza, rende più facile il branding e permette una maggiore flessibilità per il futuro. Inoltre, un dominio dedicato tende a ottenere un trattamento migliore negli algoritmi di ranking, soprattutto sul lungo periodo.
Come impostare la SEO su Blogger
Anche se Blogger non offre la stessa flessibilità di WordPress o altri CMS self-hosted, consente comunque di ottimizzare la SEO on-page in maniera efficace. Vediamo nel dettaglio ogni punto con esempi pratici.
Attivare le descrizioni di ricerca (meta description)
Per poter inserire una meta description personalizzata per ogni post (fondamentale per la SEO), devi prima abilitare l’opzione nel pannello di controllo.
Passaggi:
Vai su Impostazioni > Meta tag.
Attiva l’opzione “Abilita la descrizione della ricerca”.
Salva le modifiche.
Da questo momento, ogni volta che scrivi o modifichi un post, nella barra laterale destra vedrai un campo chiamato Descrizione della ricerca, dove potrai inserire una breve descrizione ottimizzata (fino a 150-160 caratteri) che verrà letta da Google.
Esempio di descrizione SEO efficace:
Scopri come ottimizzare il tuo blog su Blogger per migliorare il posizionamento su Google e aumentare il traffico organico.
Impostare una struttura dei permalink SEO-friendly
Quando pubblichi un post, Blogger ti consente di scegliere tra permalink automatico e permalink personalizzato. È sempre meglio usare quello personalizzato per controllare il testo dell’URL.
Come fare:
Nell’editor del post, clicca su Permalink (a destra).
Seleziona Permalink personalizzato.
Inserisci un URL breve, descrittivo e senza parole inutili.
Esempio:
Per un post intitolato “Come fare SEO su Blogger”, evita:
Personalizzare i tag title e description della homepage
Blogger ti permette di modificare il codice HTML del tema, e in questo modo puoi personalizzare i meta tag della homepage, che di default non sono sempre ottimizzati.
Esempio di codice HTML da inserire nel <head> del tema:
<b:if cond='data:blog.pageType == "index"'> <title>Guida SEO Blogger | Migliora il tuo posizionamento</title> <meta name="description" content="Impara a fare SEO su Blogger con una guida completa: ottimizzazione dei contenuti, struttura e strumenti di analisi."/> </b:if>
Questo codice assicura che title e description siano ottimizzati solo per la homepage. Per le singole pagine o post, Blogger li genera automaticamente in base al contenuto (se hai attivato la descrizione della ricerca).
Ottimizzare i titoli con H2 e H3
Per migliorare la leggibilità e il posizionamento SEO, è importante strutturare i tuoi post con intestazioni gerarchiche: usa H1 per il titolo principale (Blogger lo assegna di default), H2 per i sottotitoli e H3 per eventuali sotto-sezioni.
Esempio di struttura con intestazioni:
<h2>Come impostare i meta tag su Blogger</h2> <p>Per migliorare la SEO, è essenziale impostare correttamente i meta tag...</p>
<h3>Attivare la descrizione della ricerca</h3> <p>Vai nelle Impostazioni del blog e abilita la funzione...</p>
<h2>Come usare i permalink personalizzati</h2> <p>Una URL chiara aiuta sia l’utente che Google a capire l’argomento...</p>
Suggerimenti:
Usa una sola H1 per pagina (Blogger lo fa automaticamente).
Non saltare i livelli: non usare H4 subito dopo un H2.
Inserisci parole chiave nei sottotitoli, ma con naturalezza.
Bonus: inserire dati strutturati (Schema.org)
Anche se non nativamente supportati, puoi inserire manualmente dei dati strutturati JSON-LD nella sezione <head>del tema per migliorare la visibilità nei rich snippet di Google.
Esempio base per un articolo:
<script type="application/ld+json"> { "@context": "https://schema.org", "@type": "BlogPosting", "headline": "Come fare SEO su Blogger", "description": "Guida completa alla SEO per Blogger: meta tag, permalink, intestazioni e ottimizzazione contenuti.", "author": { "@type": "Person", "name": "Tuo Nome" }, "publisher": { "@type": "Organization", "name": "Il tuo blog", "logo": { "@type": "ImageObject", "url": "https://www.tuosito.it/logo.png" } }, "datePublished": "2025-03-24" } </script>
Ottimizzare i contenuti per i motori di ricerca
Il cuore della SEO su Blogger resta sempre il contenuto. Scrivere articoli ben strutturati, originali e informativi è fondamentale. Inserisci le parole chiave in modo naturale nel titolo, nei sottotitoli e all’interno del testo. Mantieni uno stile discorsivo, coinvolgente e focalizzato su ciò che cerca l’utente.
Non dimenticare di:
Ottimizzare le immagini con nomi file descrittivi e attributi alt.
Linkare ad altri post del tuo blog per rafforzare la struttura interna.
Curare la leggibilità del testo e usare paragrafi brevi per facilitare la scansione.
Importanza del file robots.txt e della sitemap su Blogger
Perché sono importanti?
Il file robots.txt dice ai motori di ricerca quali pagine o sezioni del sito possono o non possono essere scansionate. È utile per evitare che contenuti duplicati o non rilevanti vengano indicizzati.
La sitemap (mappa del sito) è un file che elenca tutte le pagine e gli articoli che vuoi far indicizzare a Google. Aiuta i crawler a scoprire e aggiornare i contenuti più velocemente.
Su Blogger, entrambi possono essere personalizzati direttamente dal pannello di controllo.
Come attivare e modificare robots.txt e sitemap su Blogger
Abilitare le impostazioni avanzate SEO
Vai su:
Impostazioni > Preferenze di ricerca > Crawler e indicizzazione
Qui puoi:
Abilitare il file robots.txt personalizzato
Abilitare i tag header robot personalizzati
Una volta abilitata l’opzione per il robots.txt, apparirà un campo dove potrai scrivere il tuo file personalizzato.
Esempio di file robots.txt personalizzato per Blogger
Questo file blocca le pagine con etichette, archivi mensili e URL con query parameters inutili per la SEO.
Header robot personalizzati
Puoi anche impostare tag meta robots personalizzati per:
Homepage
Pagine di archivio
Post individuali
Pagine statiche
Consigliati:
Homepage: all
Post e pagine: all
Archivi e etichette: noindex, noarchive
Vai su:
Impostazioni > Preferenze di ricerca > Tag header robot personalizzati
Spunta le caselle come segue per ogni tipo di pagina.
Collegare il blog a Google Search Console
Uno dei passaggi più importanti è collegare il tuo blog a Google Search Console, lo strumento ufficiale di Google per monitorare la presenza del tuo sito nei risultati di ricerca. Ti consente di:
Verificare l’indicizzazione dei contenuti.
Controllare la presenza di errori SEO.
Caricare la sitemap.
Monitorare il traffico organico e le query di ricerca più frequenti.
Questo è un passaggio essenziale sia con dominio blogspot che con dominio personalizzato.
Mobile-first e velocità di caricamento
Blogger offre template già ottimizzati per dispositivi mobili, ma è comunque importante verificare che il blog sia effettivamente mobile-friendly. Google predilige siti responsivi e veloci, quindi scegli template leggeri e ben strutturati.
Riduci il peso delle immagini e limita l’uso di script esterni. Puoi testare la velocità del blog con strumenti come PageSpeed Insights, intervenendo dove necessario per migliorare i tempi di caricamento.
Link building e autorevolezza
Anche su Blogger puoi lavorare sul link building, ovvero ottenere link da altri siti che puntano al tuo blog. Puoi farlo tramite:
Guest post su altri blog.
Condivisione sui social.
Commenti di valore su altri siti del tuo settore.
Più link ricevi da fonti autorevoli, maggiore sarà la credibilità percepita dal motore di ricerca, e quindi il tuo posizionamento SEO potrà beneficiarne.
Blogger e SEO: limiti e alternative
Va detto che, sebbene efficace per progetti semplici, Blogger presenta alcuni limiti: personalizzazione ridotta, minor controllo sull’hosting e sulle performance, scarse possibilità di estendere le funzionalità SEO tramite plugin.
Per blog più strutturati o per chi ha ambizioni di crescita importanti, potrebbe essere il caso di migrare a piattaforme come WordPress.org, che offrono una gestione SEO molto più avanzata.
Per concludere
Fare SEO su Blogger è possibile, anche se con alcuni limiti rispetto ad altre piattaforme. Con una configurazione corretta, contenuti ben scritti, ottimizzazione tecnica e una buona strategia di link building, anche un semplice blogspot può ottenere buoni risultati in termini di visibilità sui motori di ricerca.
La chiave è trattare il proprio blog con la stessa attenzione che si dedicherebbe a un sito più complesso: ogni dettaglio conta, anche su Blogger.
10 domande frequenti (FAQ)
1. Fare SEO su Blogger funziona davvero? Sì, con le giuste strategie puoi ottenere un buon posizionamento anche su Blogger.
2. È meglio usare un dominio blogspot o uno personalizzato? Un dominio personalizzato offre più vantaggi SEO e professionali sul lungo termine.
3. Come si inserisce una meta description su Blogger? Attiva le descrizioni di ricerca e compilale per ogni post dal pannello laterale dell’editor.
4. Posso usare Google Analytics su Blogger? Sì, basta incollare l’ID di tracciamento nelle impostazioni del tema HTML.
5. Devo creare una sitemap manualmente? No, Blogger genera una sitemap automatica, ma puoi personalizzarla se necessario.
6. Posso modificare il robots.txt? Sì, Blogger ti permette di scrivere un file robots.txt personalizzato.
7. Quali strumenti posso usare per analizzare la SEO del mio blog? Google Search Console, Google Analytics e PageSpeed Insights sono i principali.
8. Blogger è indicato per un blog professionale? Per progetti piccoli o medi sì, ma per esigenze avanzate meglio WordPress.
9. Le immagini influenzano la SEO? Sì, è importante ottimizzarle con nomi file descrittivi e tag alt pertinenti.
10. I template di Blogger sono SEO-friendly? Molti sì, ma è bene testarli e sceglierne uno leggero, mobile-friendly e ben strutturato.
Ci sono arrivate diverse segnalazioni di problemi di dominio Godaddy collegato a Blogger. In questo articolo vediamo come risolvere i problemi tra dominio con www e senza www su Blogger e GoDaddy in modo semplice e definitivo.
Uno dei problemi più comuni per chi collega un dominio personalizzato a Blogger tramite un provider come GoDaddy riguarda il funzionamento del sito con e senza www.
Spesso, infatti, ci si accorge che il sito si apre perfettamente con www, ma che digitandolo senza www viene mostrata una pagina di parcheggio, spesso di GoDaddy. In questo articolo analizziamo perché succede, come funziona la configurazione DNS e cosa bisogna fare per risolvere una volta per tutte questa fastidiosa situazione.
Come funzionano www e non www
Quando si acquista un dominio personalizzato (es. tuosito.com) e lo si collega a una piattaforma come Blogger, è importante sapere che www.tuosito.com e tuosito.com sono considerati due sottodomini distinti. Il primo è il cosiddetto sottodominio www, mentre il secondo è il dominio nudo o naked domain. Entrambi vanno configurati separatamente se si vuole che portino allo stesso sito web.
Molti utenti configurano solo il sottodominio www su Blogger, lasciando il dominio nudo senza alcuna istruzione precisa su dove puntare. È per questo che, visitando tuosito.com, si viene reindirizzati alla tipica pagina di parcheggio di GoDaddy, il provider del dominio.
Il ruolo dei record DNS
Per risolvere questo problema, è necessario intervenire sui record DNS del dominio, ovvero le impostazioni che indicano ai browser dove devono andare quando qualcuno digita un certo indirizzo. In particolare, è fondamentale aggiungere i record A corretti per far funzionare il dominio senza www.
Blogger, per gestire i domini nudi, utilizza quattro indirizzi IP che devono essere inseriti nel pannello DNS del provider (in questo caso, GoDaddy). Se questi IP non sono presenti, il dominio nudo non sa dove andare e si affida all’impostazione predefinita di GoDaddy, che lo parcheggia.
Soluzione passo-passo su GoDaddy
1. Accedi alla gestione DNS del tuo dominio su GoDaddy
Apri il tuo blog > vai su Impostazioni > Pubblicazione
Clicca sulla sezione del dominio personalizzato (www.tuosito.com)
Attiva la voce: “Reindirizza tuosito.com su www.tuosito.com”
4. Aspetta la propagazione DNS
Potrebbero volerci da pochi minuti fino a qualche ora (max 24h) per vedere l’effetto.
Alla fine, cosa succede?
Visitatore digita tuosito.com → i record A lo portano a Blogger → Blogger fa il reindirizzamento automatico a www.tuosito.com
L’importanza del reindirizzamento su Blogger
Dopo aver configurato correttamente i record DNS, è fondamentale accedere alle impostazioni di Blogger e abilitare il reindirizzamento automatico dal dominio nudo al www. Questa opzione, disponibile nella sezione “Pubblicazione”, fa in modo che chi digita tuosito.com venga automaticamente inviato a www.tuosito.com, garantendo così un’esperienza uniforme agli utenti e migliorando anche il posizionamento SEO.
Senza questa impostazione, anche con i record DNS corretti, Blogger non saprà come gestire il traffico diretto al dominio senza www, causando errori o comportamenti imprevedibili.
Propagazione DNS e tempi di attesa
Una volta fatte tutte le modifiche, non aspettarti un risultato immediato. I cambi DNS impiegano del tempo a propagarsi su internet. In genere possono volerci da pochi minuti fino a 24 ore. È normale che nel frattempo il sito continui a comportarsi in modo strano. L’unica cosa da fare è avere pazienza e controllare di tanto in tanto che tutto funzioni come previsto.
Domande frequenti (FAQ)
1. Perché il mio sito funziona solo con www? Perché hai configurato solo il sottodominio www nei DNS e non il dominio nudo.
2. Cosa significa dominio nudo? È il dominio senza prefisso www, ad esempio tuosito.com.
3. Dove devo inserire i record A per Blogger? Nel pannello DNS del tuo provider, in questo caso GoDaddy.
4. Quali sono i record A di Blogger? 216.239.32.21, 216.239.34.21, 216.239.36.21 e 216.239.38.21.
5. Cosa succede se non configuro il dominio nudo? Il dominio punta alla pagina di parcheggio di GoDaddy o mostra errore.
6. Devo eliminare altri record A esistenti? Sì, se ci sono record A che puntano ad altri IP, devono essere rimossi.
7. È necessario impostare il reindirizzamento su Blogger? Assolutamente sì, per evitare contenuti duplicati e problemi SEO.
8. Quanto tempo ci vuole perché le modifiche DNS abbiano effetto? Fino a 24 ore, ma di solito bastano poche ore.
9. Serve un certificato SSL separato per il dominio nudo? No, Blogger lo gestisce automaticamente una volta configurato correttamente.
10. Posso usare solo il dominio nudo senza www? Tecnicamente sì, ma con Blogger è consigliato usare sempre il www.
Un nostro cliente al quale forniamo servizi SEO ha chiesto espressamente di usare un determinata suite di programmi per l’analisi SEO. Tuttavia tra questi non figura Semrush. Inoltre ha notato nei Log del file che il bit di Semrush puntualmente torna a mostrarsi, segno che i suoi competitori lo studiano. La decisione condivisa è stata di escludere il bot di Semrush dal sito web. Ma facciamo un po’ di chiarezza.
Se hai un sito web, probabilmente hai notato nel file di log la presenza di numerosi bot che scansionano le tue pagine. Tra questi, il bot di Semrush è uno dei più attivi. Ma a cosa serve realmente? E soprattutto, ha senso bloccare SemrushBot per proteggere il proprio sito o migliorare la SEO?
In questo articolo vedremo nel dettaglio cosa fa il bot di Semrush, quali sono i motivi per cui potresti volerlo bloccare e come farlo in modo efficace, con esempi pratici e codice.
SemrushBot è il crawler ufficiale di Semrush, una delle più potenti piattaforme SEO utilizzate per analizzare siti web e fornire dati dettagliati agli esperti del settore. Il suo obiettivo è raccogliere informazioni sulle pagine web che poi vengono utilizzate per diversi scopi, come l’analisi dei backlink, il monitoraggio delle parole chiave e l’identificazione di problemi tecnici.
Vediamo nel dettaglio come funziona e quali dati raccoglie.
1. Analisi del profilo dei backlink
Uno degli usi principali di SemrushBot è la scansione dei backlink, ossia i link che un sito riceve da altri siti web. Questo è fondamentale per la SEO off-page, in quanto i backlink sono uno dei fattori di ranking più importanti per Google.
Esempio pratico:
Se il tuo sito ha ricevuto un backlink da un blog di settore autorevole, SemrushBot visiterà entrambe le pagine (quella del blog e quella del tuo sito) per registrare il collegamento. Queste informazioni verranno poi rese disponibili su Semrush, consentendo agli utenti di:
Vedere quali siti linkano il tuo dominio
Identificare la qualità e l’autorità dei backlink
Monitorare nuovi e vecchi backlink
Analizzare quali anchor text vengono utilizzati
Ad esempio, se hai un sito di e-commerce che vende scarpe da corsa e ottieni un backlink da Runner’s World, il bot di Semrush lo rileverà e mostrerà agli utenti Semrush il link nel profilo backlink del tuo sito.
Perché questo potrebbe essere un problema? Se vuoi mantenere private le tue strategie SEO e i tuoi backlink, potresti voler impedire a SemrushBot di accedere al tuo sito, altrimenti i tuoi concorrenti potrebbero facilmente vedere da dove provengono i tuoi link migliori.
2. Identificazione delle parole chiave organiche
SemrushBot raccoglie dati sulle parole chiave per le quali il tuo sito è visibile nei motori di ricerca. Questo significa che analizza il contenuto delle tue pagine e il loro posizionamento su Google per determinare quali termini di ricerca generano traffico.
Esempio pratico:
Supponiamo che tu abbia un blog che parla di alimentazione vegana e che un tuo articolo sia ben posizionato per la parola chiave “migliori ricette vegane”. SemrushBot visiterà la tua pagina, analizzerà il testo, il titolo, gli heading e altre informazioni per capire:
Quali keyword sono presenti nella pagina
Come è strutturato il contenuto
Se la pagina ha un buon posizionamento su Google
Questi dati vengono poi utilizzati per le funzionalità di Keyword Research di Semrush, che permettono agli utenti di vedere per quali parole chiave è posizionato un sito.
Perché questo potrebbe essere un problema? Se i tuoi competitor usano Semrush, potrebbero vedere facilmente le parole chiave che ti portano più traffico e ottimizzare i loro contenuti per competere con te.
3. Monitoraggio delle prestazioni SEO
SemrushBot aiuta a raccogliere dati relativi alla SEO on-page, fornendo informazioni su elementi tecnici e di contenuto delle pagine. Questo include aspetti come:
Velocità di caricamento
Presenza di tag title e meta description ottimizzati
Utilizzo di heading (H1, H2, H3, ecc.)
Ottimizzazione per mobile
Esempio pratico:
Se hai una pagina che carica lentamente, il bot di Semrush può rilevarlo e segnalare agli utenti della piattaforma che il tuo sito potrebbe avere problemi di performance.
Un altro esempio: se una tua pagina non ha una meta description, SemrushBot lo rileverà e mostrerà l’errore nella sezione “Site Audit” di Semrush.
Perché questo potrebbe essere un problema? Se non vuoi che queste informazioni siano accessibili pubblicamente, potresti considerare di bloccare il bot per impedire a Semrush di registrare questi dati.
4. Rilevazione di problemi tecnici
SemrushBot esegue anche controlli tecnici per individuare errori SEO comuni che potrebbero penalizzare il ranking del tuo sito. Tra i problemi più rilevati ci sono:
Errori 404 (pagine non trovate)
Redirect errati
Contenuti duplicati
Errori nel file robots.txt
HTTPS mal configurato
Esempio pratico:
Se il tuo sito ha molte pagine con errori 404, SemrushBot le individuerà e mostrerà l’elenco nella sezione “Site Audit” della piattaforma. Questo può essere utile per correggere i problemi, ma allo stesso tempo rende pubblicamente visibili agli utenti Semrush tutti i difetti tecnici del tuo sito.
Perché questo potrebbe essere un problema? Se non vuoi che eventuali problemi tecnici del tuo sito siano visibili a chiunque abbia un account Semrush, bloccare SemrushBot potrebbe essere una soluzione.
Perché bloccare il bot di Semrush?
Ci sono diversi motivi per cui potresti voler impedire al bot di Semrush di accedere al tuo sito:
1. Protezione della strategia SEO
Se hai una strategia SEO avanzata e non vuoi che i tuoi concorrenti vedano il tuo profilo di backlink, le tue parole chiave e altre informazioni, bloccare Semrush può essere una soluzione.
2. Riduzione del carico sul server
Ogni bot che scansiona il tuo sito utilizza risorse del server. Se hai un sito con molte pagine e ricevi visite da vari crawler, il tuo server potrebbe rallentare. Bloccare SemrushBot può ridurre il numero di richieste inutili.
3. Controllo delle informazioni pubbliche
Non tutti vogliono che i dati del proprio sito siano accessibili su strumenti di analisi SEO. Se preferisci mantenere privati certi aspetti della tua strategia, impedire l’accesso a Semrush è un’opzione da considerare.
4. Evitare problemi con i motori di ricerca
Alcuni webmaster segnalano che un numero eccessivo di scansioni da parte di bot SEO può creare problemi di indicizzazione o influenzare la velocità del sito. Sebbene non sia sempre il caso, ridurre il numero di crawler esterni può migliorare le prestazioni generali.
Come bloccare il bot di Semrush
Bloccare SemrushBot è abbastanza semplice e ci sono diversi metodi per farlo. Vediamo le soluzioni più efficaci.
1. Usare il file robots.txt
Il metodo più comune per impedire a un bot di accedere al tuo sito è utilizzare il file robots.txt. Aggiungi queste righe al file situato nella root del tuo sito:
User-agent: SemrushBot Disallow: /
Questo dirà al bot di non scansionare nessuna pagina del tuo sito. Tuttavia, robots.txt è solo una richiesta e alcuni bot potrebbero ignorarlo.
2. Bloccare tramite .htaccess
Se il tuo sito è su un server Apache, puoi bloccare SemrushBot direttamente dal file .htaccess con questa regola:
RewriteEngine On RewriteCond %{HTTP_USER_AGENT} SemrushBot [NC] RewriteRule .* - [F,L]
Questa configurazione impedirà a SemrushBot di accedere al sito, restituendogli un errore 403 Forbidden.
3. Utilizzare le regole di Nginx
Se il tuo server utilizza Nginx, puoi aggiungere questa configurazione nel file nginx.conf:
if ($http_user_agent ~* "SemrushBot") { return 403; }
Questo impedirà al bot di Semrush di accedere al tuo sito, restituendo un errore 403 Forbidden.
4. Bloccare con il firewall del server
Se hai accesso alle impostazioni avanzate del tuo server, puoi bloccare SemrushBot tramite firewall. Ad esempio, con iptables puoi usare questo comando:
iptables -A INPUT -p tcp --dport 80 -m string --algo bm --string "SemrushBot" -j DROP
Questa configurazione rifiuterà le richieste provenienti dal bot.
5. Usare servizi di sicurezza come Cloudflare
Se il tuo sito utilizza Cloudflare, puoi bloccare SemrushBot direttamente dal pannello di amministrazione. Basta creare una regola nel firewall e impostarla in modo che blocchi il traffico da user-agent contenente “SemrushBot”.
Bloccare SemrushBot è davvero necessario?
Prima di bloccare SemrushBot, è importante valutare se è davvero necessario. Se il tuo obiettivo è proteggere le informazioni SEO o ridurre il carico del server, può essere utile. Tuttavia, se utilizzi Semrush per analizzare il tuo stesso sito, bloccare il bot potrebbe impedirti di ottenere dati utili.
Ogni sito ha esigenze diverse: la scelta dipende dalle tue strategie e priorità. Se decidi di bloccare il bot, assicurati di farlo nel modo corretto per evitare problemi di accesso al sito o penalizzazioni indesiderate.
Domande e risposte
1. Cosa fa esattamente SemrushBot?
SemrushBot è il crawler di Semrush che analizza i siti web per raccogliere dati su backlink, parole chiave e performance SEO.
2. Bloccare SemrushBot può influire sulla SEO?
No, bloccare SemrushBot non influisce direttamente sul ranking nei motori di ricerca, ma impedisce a Semrush di raccogliere dati sul tuo sito.
3. Come faccio a sapere se SemrushBot sta scansionando il mio sito?
Puoi controllare i log del server o utilizzare strumenti come Google Search Console e software di analisi dei log.
4. Robots.txt basta per bloccare SemrushBot?
No, robots.txt è solo una richiesta. Per un blocco sicuro, usa .htaccess, Nginx, firewall o Cloudflare.
5. Qual è il miglior metodo per bloccare SemrushBot?
Il metodo più efficace è bloccare il bot tramite .htaccess o regole del firewall, poiché impediscono l’accesso diretto al sito.
6. I concorrenti possono vedere il mio sito su Semrush se blocco il bot?
Se il bot è bloccato, Semrush non può raccogliere dati dal tuo sito, quindi le informazioni non saranno disponibili nella piattaforma.
7. Bloccare SemrushBot riduce il carico del server?
Sì, meno bot scansionano il tuo sito, meno risorse vengono utilizzate.
8. SemrushBot ignora il file robots.txt?
Generalmente no, ma alcuni bot potrebbero comunque accedere al sito.
9. Posso bloccare solo alcune pagine invece dell’intero sito?
Sì, con robots.txt o regole nel server puoi limitare l’accesso solo a specifiche pagine.
10. Bloccare SemrushBot è legale?
Sì, hai il diritto di controllare chi può accedere al tuo sito.
Il typosquatting è una minaccia pervasiva nel panorama digitale, che sfrutta semplici errori di ortografia per ingannare gli utenti e compromettere la sicurezza informatica. Comprendere cos’è il typosquatting e adottare misure preventive può aiutare sia i singoli utenti che le aziende a proteggersi da questa pratica insidiosa. Rimani vigile, controlla sempre gli URL e utilizza strumenti di sicurezza per garantire un’esperienza online più sicura.
Il typosquatting è una pratica ingannevole che sfrutta gli errori umani. Immagina di digitare rapidamente l’indirizzo di un sito e commettere un piccolo errore di battitura, per poi essere reindirizzato su un sito malevolo.
Questo è il typosquatting, noto anche come URL hijacking, una forma di cybersquatting che sfrutta errori di ortografia o di digitazione per reindirizzare gli utenti verso siti fraudolenti.
In questo articolo esploreremo cos’è il typosquatting, come funziona e come puoi proteggerti da questa minaccia informatica.
Cos’è il Typosquatting?
Il typosquatting, o URL hijacking, è una pratica malevola in cui i cybercriminali registrano dominimolto simili a quelli di siti web popolari, ma con piccoli errori di ortografia o variazioni. Questi domini simili sono progettati per ingannare gli utenti che digitano erroneamente un URL, portandoli a visitare un sito fraudolento invece di quello desiderato.
Ad esempio, se intendevi visitare “example.com” ma hai digitato “exmaple.com”, potresti finire su un sito typosquat. Questi siti spesso imitano l’aspetto del sito legittimo, utilizzando loghi simili e una struttura simile, per convincere gli utenti di essere nel posto giusto.
Come funziona il Typosquatting
Il typosquatting è una tecnica subdola che sfrutta gli errori umani più comuni per reindirizzare gli utenti verso siti fraudolenti. Questi errori possono essere di vario tipo, e i cybercriminali li sfruttano per registrare domini simili a quelli di siti web popolari. Ecco alcuni esempi concreti di come funziona il typosquatting:
1. Errori di Battitura
Uno degli errori più comuni è la semplice svista durante la digitazione di un URL. Ad esempio, invece di digitare “google.com”, un utente potrebbe accidentalmente scrivere “gogle.com” (mancanza di una “o”). Un typosquatter potrebbe aver registrato “gogle.com” per reindirizzare il traffico verso un sito malevolo.
Esempio pratico:
Dominio legittimo: google.com
Dominio typosquat: gogle.com
Questo dominio fraudolento potrebbe ospitare un sito di phishing che imita la pagina di accesso di Google, cercando di rubare le credenziali degli utenti.
2. Errori di spelling
A volte, gli errori di ortografia sono causati dalla difficoltà di scrivere correttamente parole complesse o straniere. Ad esempio, invece di “facebook.com”, un utente potrebbe digitare “facebok.com” (mancanza di una “e”).
Esempio pratico:
Dominio legittimo: facebook.com
Dominio typosquat: facebok.com
Questo dominio potrebbe essere utilizzato per reindirizzare gli utenti verso un sito che raccoglie dati personali o diffonde malware.
3. Pluralizzazione
Un’altra tattica comune è la pluralizzazione del nome di dominio. Ad esempio, invece di visitare “example.com”, un utente potrebbe digitare “examples.com”.
Esempio pratico:
Dominio legittimo: example.com
Dominio typosquat: examples.com
Questo dominio potrebbe essere utilizzato per mostrare pubblicità invasive o per reindirizzare il traffico verso un concorrente.
4. Diversi domini di primo livello (TLD)
I typosquatter spesso registrano domini con top-level domain (TLD) diversi da quello originale. Ad esempio, invece di “example.com”, potrebbero usare “example.org” o “example.net”.
Esempio pratico:
Dominio legittimo: example.com
Dominio typosquat: example.org
Questi domini potrebbero essere utilizzati per reindirizzare gli utenti verso siti di phishing o per generare entrate pubblicitarie.
Cosa succede quando un utente cade nel tranello?
Una volta che un utente atterra su un sito typosquat, le conseguenze possono essere diverse:
Phishing: Il sito potrebbe imitare l’aspetto del sito legittimo, chiedendo all’utente di inserire informazioni sensibili come credenziali di accesso, numeri di carta di credito o altri dati personali.
Malware: Il sito potrebbe tentare di installare malware sul dispositivo dell’utente, compromettendone la sicurezza.
Pubblicità Invasiva: Il sito potrebbe mostrare annunci pubblicitari aggressivi, generando entrate per il typosquatter.
Reindirizzamento: L’utente potrebbe essere reindirizzato verso un altro sito, spesso malevolo o concorrente.
Esempio di codice per reindirizzare gli utenti
Un typosquatter potrebbe utilizzare un semplice script per reindirizzare gli utenti verso un sito malevolo. Ecco un esempio di codice HTML e JavaScript che potrebbe essere utilizzato:
html
<!DOCTYPE html>
<html lang="it">
<head>
<meta charset="UTF-8">
<title>Benvenuto su Example.com</title>
<script type="text/javascript">
// Reindirizza l'utente dopo 3 secondi
setTimeout(function() {
window.location.href = "https://sito-malevolo.com";
}, 3000);
</script>
</head>
<body>
<h1>Stai per essere reindirizzato...</h1>
<p>Se non sei reindirizzato automaticamente, <a href="https://sito-malevolo.com">clicca qui</a>.</p>
</body>
</html>
In questo esempio, l’utente viene reindirizzato automaticamente dopo 3 secondi verso un sito malevolo. Durante questo lasso di tempo, il sito potrebbe mostrare un messaggio ingannevole per far credere all’utente di essere nel posto giusto.
Come difendersi dal Typosquatting
Verifica l’URL: Prima di inserire informazioni sensibili, controlla sempre l’URL per assicurarti che sia corretto.
Utilizza Segnalibri: Salva i siti web che visiti frequentemente nei preferiti per evitare errori di digitazione.
Installa Estensioni di Sicurezza: Alcuni web browser offrono estensioni che avvisano gli utenti di potenziali siti di phishing o typosquat.
Educazione e Consapevolezza: Informa amici, familiari e colleghi sui rischi del typosquatting e su come riconoscerlo.
Rilevare il Typosquatting con un codice in Python
Possiamo scrivere un semplice script Python per generare varianti di un dominio ed eseguire una verifica online per capire se questi domini sono stati registrati.
Passaggi del codice
Generare variazioni di un dominio originale basandosi sugli errori comuni.
Controllare se i domini alternativi esistono utilizzando richieste WHOIS o interrogazioni DNS.
Avvisare l’utente se uno di questi domini è attivo.
python
import itertools
import requests
import whois
# Genera varianti comuni di un dominio
def generate_typosquatting_domains(domain):
common_typos = []
# Errori di battitura comuni
common_typos.append(domain.replace("o", "0")) # amazon -> amaz0n
common_typos.append(domain.replace("i", "1")) # linkedin -> l1nkedin
common_typos.append(domain.replace("e", "3")) # google -> googl3
common_typos.append(domain + ".net") # TLD differente
common_typos.append(domain[:-1]) # Rimozione ultima lettera (twitter -> twitte)
return common_typos
# Controlla se un dominio esiste
def check_domain(domain):
try:
whois.whois(domain) # Query WHOIS
return True
except:
return False # Il dominio non esiste
# Esegue il controllo su più domini
def check_typosquatting_domains(original_domain):
typo_domains = generate_typosquatting_domains(original_domain)
print(f"Checking for possible typosquatting domains related to {original_domain}...\n")
for domain in typo_domains:
full_domain = domain if domain.startswith("http") else f"http://{domain}"
exists = check_domain(domain)
if exists:
print(f"[⚠️ ALERT] Typosquatting domain detected: {domain}")
else:
print(f"[✔ SAFE] No typosquatting detected for: {domain}")
# Esegui lo script per un dominio specifico
original_website = "amazon.com"
check_typosquatting_domains(original_website)
Come funziona il codice?
La funzione generate_typosquatting_domains(domain) crea varianti del dominio in base a errori comuni.
check_domain(domain) utilizza il servizio WHOIS per verificare se il dominio esiste.
check_typosquatting_domains(original_domain) elenca i domini alternativi e avvisa l’utente se uno di essi è attivo.
Esempio di Output
Se eseguiamo lo script per amazon.com, potremmo ottenere un risultato come questo:
less
Checking for possible typosquatting domains related to amazon.com...
[⚠️ ALERT] Typosquatting domain detected: amaz0n.com
[✔ SAFE] No typosquatting detected for: amazn.com
[⚠️ ALERT] Typosquatting domain detected: amazon.net
[✔ SAFE] No typosquatting detected for: amaz0n.net
[✔ SAFE] No typosquatting detected for: amazo.com
I rischi del Typosquatting
I pericoli del typosquatting sono significativi. Gli utenti potrebbero inconsapevolmente fornire dati personali a malintenzionati, portando a furti di identità o perdite finanziarie. Anche le aziende sono a rischio, poiché il typosquatting può danneggiare la loro reputazione e portare a una perdita di fiducia da parte dei clienti.
Inoltre, il typosquatting può essere utilizzato per reindirizzare il traffico da siti legittimi a concorrenti o piattaforme malevole. Ciò non solo danneggia il traffico del sito originale, ma può anche causare complicazioni legali e finanziarie.
Come prevenire il Typosquatting
Prevenire il typosquatting richiede una combinazione di consapevolezza e misure proattive. Ecco alcune strategie per proteggere te stesso e la tua organizzazione:
Registrare Domini Simili: Le aziende dovrebbero registrare domini che corrispondono a errori di battitura comuni o variazioni del loro dominio principale. Questo impedisce ai cybercriminali di sfruttare queste varianti.
Utilizzare Certificati SSL: Assicurati che il tuo sito utilizzi certificati SSL per stabilire fiducia e sicurezza. Questo aiuta gli utenti a verificare che si trovano sul sito legittimo.
Educare gli Utenti: Forma dipendenti e clienti a controllare attentamente gli URL prima di inserire informazioni sensibili. Incoraggiali a salvare i siti affidabili nei preferiti per evitare errori di battitura.
Monitorare le Registrazioni Abusive: Controlla regolarmente la presenza di domini simili che potrebbero essere utilizzati per occupazioni abusive. Strumenti come i servizi di monitoraggio dei domini possono aiutare a identificare potenziali minacce.
Sfruttare la Sicurezza del Browser: I moderni web browser includono spesso funzionalità per avvisare gli utenti di siti sospetti. Assicurati che queste funzioni siano attivate.
Segnalare il Typosquatting: Se scopri un sito typosquat, segnalalo al registrar di dominio o alle autorità competenti per farlo rimuovere.
Domande e risposte sul Typosquatting
Cos’è il typosquatting? Il typosquatting è una minaccia informatica in cui gli aggressori registrano domini con errori di ortografia per ingannare gli utenti e portarli su siti fraudolenti.
Come funziona il typosquatting? Sfrutta errori comuni di digitazione per reindirizzare gli utenti su siti malevoli che imitano quelli legittimi.
Quali sono i rischi del typosquatting? Include phishing, furto di dati e danni alla reputazione di un brand.
Come possono le aziende prevenire il typosquatting? Registrando domini simili, utilizzando certificati SSL e monitorando domini simili.
Il typosquatting può colpire anche i singoli utenti? Sì, gli individui possono cadere vittime di phishing o malware attraverso siti typosquat.
Quali sono le tecniche comuni di typosquatting? Include domini con errori di battitura, pluralizzazioni e diversi top-level domain.
Come capire se sono su un sito typosquat? Controlla differenze sottili nell’URL, l’assenza di certificati SSL o comportamenti insoliti del sito.
Il typosquatting può essere segnalato? Sì, i domini abusivi possono essere segnalati al registrar o alle autorità competenti.
I social media sono presi di mira dal typosquatting? Sì, i social media sono spesso imitati a causa della loro popolarità.
Il typosquatting è illegale? Sì, il typosquatting è considerato un reato informatico ed è illegale in molte giurisdizioni.
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