Categoria: Blog

SEO e Digital Mkt

  • SEO e Contenuti duplicati

    SEO e Contenuti duplicati

    Nell’articolo di oggi parliamo di contenuti duplicati partendo da un caso concreto. Vedremo il caso della coesistenza di contenuti duplicati su due domini (www e non www)

    Indice

    I contenuti duplicati: cosa sono

    La definizione di contenuti duplicato data da Google è la seguente:

    Il termine “contenuti duplicati” si riferisce in genere a blocchi considerevoli di contenuti che sono identici oppure molto simili ad altri contenuti nella stessa lingua all’interno dello stesso dominio o in domini diversi. In genere questa pratica non è all’origine ingannevole.

    Fonte: https://developers.google.com/search/docs/advanced/guidelines/duplicate-content?hl=it

    Non tutti i contenuti duplicati sono considerati dannosi come ad esempio:

    • Forum di discussione che possono generare sia pagine standard sia versioni “essenziali” delle pagine pensate per i dispositivi mobili
    • Più URL distinti che visualizzano o rimandano agli stessi articoli di un negozio online
    • Versioni di pagine web disponibili solo per la stampa

    Spesso i contenuti duplicati vengono usati come pratica SEO ingannevole per acquisire un traffico e un ranking maggiore. L’esperienza utente ne risente e anche il “giudizio” del motore di ricerca può essere negativo tanto da produrre come effetto un depotenziamento della visibilità del sito sulle SERP.

    Contenuti duplicati
    Contenuti duplicati

    L’impatto negativo dei contenuti duplicati a livello SEO

    Per evitare una penalizzazione dai motori di ricerca tra le prime attività di analisi seo cerca proprio di stabilire se il sito abbia o meno contenuti duplicati.

    Se vengono rilevati, indipendentemente dal motivo per cui siano state create, si segnala immediatamente la rimozione di modo che il motore di ricerca non sia tratto in inganno.

    E’ vero che Google potrebbe considerare i contenuti duplicati non ingannevoli ma si tratta comunque di situazioni border line che potrebbero potenzialmente recare giudizi negativi.

    E’ infatti proprio Google a scrivere nella sua Guida che:

    Nei rari casi in cui ci accorgiamo che i contenuti duplicati potrebbero essere visualizzati con l’intento di manipolare i nostri ranking e ingannare i nostri utenti, apportiamo le necessarie modifiche all’indicizzazione e al ranking dei siti interessati. 

    fonte: https://developers.google.com/search/docs/advanced/guidelines/duplicate-content?hl=it

    Un caso concreto: siti duplicati su domini www e non www

    Uno dei casi frequenti di contenuto duplicato si ha quando non si è effettuato un redirect tra due domini distinti tra sottodomini.

    Un caso tipico di contenuti duplicati è quello di un’azienda che abbia due siti, uno .it e uno .com su cui sono stati copiati gli stessi contenuti

    Un secondo caso, meno tipico ma altrettanto frequente è quando una azienda ha un sito https//www.miosito.it ma lo stesso sito con tutti i suoi contenuti sono risolvibili anche sul dominio https://miosito.it.

    Anche in questo caso è bene comprendere che Google e i motori di ricerca in genere li considerano due domini distinti con stessi contenuti.

    Quest’ultimo è proprio il caso concreto che come consulente SEO ho rilevato nelle ultime ore su un nuovo progetto SEO di cui mi sto occupando.

    Come fare il redirect di domini da non-www a www?

    Solitamente la compresenza di contenuti www e non-www si risolve aggiungendo in htaccess una regola di reindirizzamento permanente 301. In altri casi si può risolvere a livello server nella console di amministrazione.

    Per effettuare un redirect di tutte le richieste al tuo dominio dall’indirizzo senza il www iniziale a quello comprensivo di www è necessario modificare il file .htaccess.

    In sostanza tutte le richieste ricevute dal dominio nomedominio.it verranno automaticamente reindirizzate a www.nomedominio.it.

    Ecco un esempio di codice che può risolvere il problema.

    ## Rewrite non-www to www  RewriteEngine On  RewriteCond %{HTTP_HOST} .  RewriteCond %{HTTP_HOST} !^www\.nomedominio\.it$  RewriteRule ^(.*)$ https://www.nomedominio.it/$1 [R=301,L]

    Ovviamente al posto di nomedominio.it  va indicato il nome esatto del dominio.

    Dopo aver fatto gli appositi aggiustamenti è necessario fare una prova: provate a digitare una url di una pagina che abbia ad esempio questa URL: https://miosito.it/pagina1. Se il codice è stato inserito correttamente vedremo magicamente aprirsi sul browser la pagina https://www.miosito.it/pagina1.

    Avremo così risolto un problema importante di contenuti duplicati ed eliminato alla fonte ogni possibilità che Google possa considerare la compresenza di contenuti simili come attività ingannevole e, di conseguenza, essere penalizzati.

  • SEO per le PMI. Quali vantaggi?

    SEO per le PMI. Quali vantaggi?

    Indice

    Nella mia esperienza di digital marketing come consulente SEO, spesso mi ritrovo a dover lavorare anche per piccole e medie imprese (PMI).

    Devo confessare però che alcuni anni fa io stesso mi chiedevo se fosse conveniente per una impresa di piccole dimensioni investire soldi nella consulenza SEO anziché nel paid advertising o nelle sponsorizzate sui social. 

    La mia formazione digital è, infatti, sempre avvenuta in contesti aziendali piuttosto grandi.

    Seo per piccole e medie imprese: ne vale la pena?

    I miei dubbi, corroborati anche da alcune testimonianze di piccoli imprenditori, si fondavano sulle seguenti premesse :

    • Il piccolo imprenditore spesso non ha nemmeno un sito web e se ce l’ha spesso risulta insufficiente.
    • Il piccolo imprenditore spende poco per la pubblicità on line e molto spesso si limita a piccolissimi investimenti con “sponsorizzate” sui social fatte in autonomia
    • Il piccolo imprenditore ha già speso (poco) in paid advertising con proposte assolutamente insufficienti ed è rimasto deluso dal risultato.
    • Il piccolo imprenditore, soprattutto di vecchia generazione, è ancora legato al valore della vecchia pubblicità tipografica e/o radiofonica e/o televisiva come fattore di canalizzazione di nuovi clienti considerata più valida della promozione on line.
    • Risultava difficile far comprendere al piccolo imprenditore concetti semplici come “parole chiave”, “ottimizzazione per i motori di ricerca”, i tempi della SEO e i relativi costi decisamente più alti di quelli che avrebbe voluto investire.

    Le difficoltà di comprensione di Google My Business

    Ho riscontrato diverse criticità nelle varie interviste preliminari ad imprenditori.

    Molti di essi, ad esempio, non avevano colto le potenzialità di Google My Business, prodotto Google che non può mancare in una strategia SEO di una azienda il cui target è sostanzialmente fatto dal suo territorio.

    Meno difficoltà, invece, l’ho trovata in imprese anche di medie dimensioni, che avevano rivendite in più località e in più Paesi. 

    Google My Business è di fatto una vetrina importante per chi cerca prodotti e servizi in un certo territorio. Ma spesso non ne veniva subito colta l’importanza in termini di contatti potenziali.

    In altri casi, imprenditori che mi dicevano di aver bisogno di clienti (nel caso specifico si trattava di imprese di costruzione e ristrutturazione) mi dicevano di essere stati “truffati” da agenzie che vendevano il “posizionamento su Google Maps” e che dopo diversi mesi continuavano a prelevare soldi mediante RID senza alcun risultato (e per l’imprenditore il risultato è clienti chiamanti o cmq contatti che si convertono in fatturato).

    Per tutti questi motivi tendevo a rifiutare di lavorare per progetti SEO per aziende di piccole dimensioni.

    Qualche piccola impresa aveva già ben chiaro il valore della SEO

    Tuttavia sei anni fa una piccola impresa che aveva chiaro il valore della SEO mi ha cercato e convinto (e ancora oggi, devo dire ringraziandolo mi offre adeguata fiducia, direi  ben riposta visti i risultati SEO raggiunti).

    L’impresa era già cliente di una agenzia SEO,  ma dopo un anno di investimenti anche importanti non aveva raggiunto i risultati promessi.

    Il titolare dell’impresa mi ha cercato, ha preso ulteriori informazioni su di me, mi ha poi contattato ed è venuto a conoscermi di persona facendo un viaggio di quasi mille chilometri.

    Abbiamo pranzato insieme e trascorso una mezza giornata a parlare delle sue esigenze. L’ho poi accompagnato all’aeroporto promettendogli che gli avrei fatto un preventivo. Da allora è iniziata la prima collaborazione SEO con una piccola realtà aziendale.

    Lavorando per questa piccola impresa ho sperimentato direttamente i vantaggi che la SEO gli ha dato e che sinteticamente elencherò di seguito cercando di essere più esaustivo possibile.

    Ho poi iniziato a lavorare per altre piccole imprese e i rapporti di collaborazione in molti casi durano ancora oggi nel momento in cui scrivo.

    SEO per PMI che hanno nicchie di mercato

    La SEO è utilissima per aziende che devono farsi trovare con parole tecniche molto specifiche e per le quali anche un solo cliente in più l’anno può risolversi in un fatturato importante.

    Pensiamo per esempio alle aziende di ingegneria (meccanica, civile, aeronautica ecc.). Si tratta di aziende che producono ad esempio linee di produzione e ne curano la relativa manutenzione.

    In quei casi una buona strategia è proprio individuare le parole chiave giuste che un tecnico scriverebbe per portarlo sulle pagine web del cliente e, ovviamente, come sempre, una creazione contenuti che sia giusta per creare poi il contatto che l’ufficio commerciale dovrà tramutare in vendita.

    Ci sono poi casi concreti per i quali la long tail non ha gran valore e bisogna essere molto precisi nel posizionare determinate parole chiave: pensiamo ad esempio tutte le ricerche per codice prodotto che si fanno on line.

    SEO per le piccole imprese in periodo di crisi

    Per chiunque abbia letto fin qui queste parole vergate con inchiostro digitale e non sa cosa significa SEO ecco brevemente:

    SEO è l’acronimo di Search Engine Optimization. È definito come il processo di ottimizzazione dei siti web per posizionarsi più in alto nella SERP di Google. In altre parole, la SEO aiuta i siti Web aziendali a essere visibili online.

    La SEO per le aziende rientra nel concetto di internet marketing. 

    Internet oggi è la rete dove circola la gran parte degli affari e lo stesso volto del marketing è cambiato di conseguenza.

    In periodo di difficoltà le piccole imprese tendono a ridurre gli investimenti e allora viene spontaneo domandarsi: “Perché dovrei spendere in SEO?”, “La gestione SEO vale il tempo e il denaro speso?” 

    Ed oltre a domandarsi ciò, spesso hanno il proprio sito web malfunzionante e non aggiornato. O magari nemmeno più ce l’hanno in quanto ad un certo punto considerato un costo inutile.

    Vantaggi dei servizi SEO per le piccole imprese

    La SEO aiuta le piccole imprese a generare autorevolezza, traffico e contatti importanti. Il tutto senza necessariamente spendere un solo centesimo per la pubblicità a pagamento.

    Aumento dei clienti online

    Al tempo di oggi anche le persone anziane cercano informazioni, prodotti e servizi on line direttamente dal proprio telefonino. Sono miliardi le persone nel mondo che navigano su internet ogni giorno. Tramite la SEO qualsiasi piccola azienda può farsi notare da questo immenso bacino di persone, o meglio da quella porzione di bacino che può essere interessato ad acquisire informazioni, o acquistare prodotti e servizi proprio di quella azienda.

    Utilizzando le migliori pratiche di SEO, i prodotti dell’azienda possono essere facilmente visti dalle persone che cercano proprio quel prodotto. E, se la comunicazione è corretta, onesta e conveniente, quelle persone comprano e diventano cliente, anche stando a distanze considerevoli dal punto vendita della piccola impresa o dalla sua sede.

    Crescita

    I servizi SEO aiutano a stabilire un rapporto migliore con i clienti rispondendo alle loro domande, ai loro problemi o alle loro proposte e tutto ciò crea una relazione cliente-impresa che può durare nel tempo in modo sano. L’azienda dunque acquisisce dalla SEO la crescita.

    I tassi di conversione sono alti

    Un progetto SEO fatto bene e portato avanti con onestà intellettuale produce anche tassi di conversione molto alti. Il sito web ottimizzato bene raggiunge posizioni di visibilità che potenzialmente offrono conversioni con tassi molto alti.

    In questo articolo è difficile poter descrivere tutti i processi che vengono svolti per avere delle conversioni alte, ma provate solo a pensare quanto sia più facile per l’utente acquistare quando vede il sito della piccola impresa ben strutturato, facilmente navigabile, che offre una buona esperienza e un’ottima comunicazione chiara sul prodotto che viene proposto.

    Alto ritorno sull’investimento (ROI)

    Il marketing digitale attraverso i Servizi SEO ha un elevato ritorno sull’investimento rispetto a qualsiasi altro strumento di marketing. Non importa quanto sia alto il prezzo di un team di marketing digitale, il ritorno sull’attività sarà doppio.

    Una forte presenza per le piccole imprese online è essenziale per creare consapevolezza del marchio, creare fiducia e ottenere prodotti per un vasto pubblico mirato online.

    Se eseguiti correttamente, i servizi SEO penetrano nel business con un ROI molto più elevato rispetto a qualsiasi altro (per esempio Google Ads). 

    la SEO Aumenta la visibilità online dell’azienda e trasmette messaggi a un enorme pool di potenziali clienti. 

    E allora… vale la pena fare SEO?

    In conclusione, anche e soprattutto i periodi di difficoltà, investire in SEO può essere una scelta chiave per il futuro della piccola impresa.

    E’ bene però che prima di investire si parli chiaramente con il team SEO e si valutino attentamente “le promesse”.

    La mia politica SEO: non prendiamoci in giro!

    Tu piccola azienda vuoi crescere? Bene. Io so farti crescere. L’ho già fatto per altre aziende e sto continuando a farlo.

    Ma attenzione! Prima di iniziare ci parleremo in modo molto chiaro. 

    Non sono abituato a perdere tempo e non voglio certo iniziare da ora. Ed ovviamente nemmeno tu, piccola azienda hai voglia di perdere tempo e soldi. Dunque… a te il primo passo.

  • L’Assistente Google non funziona quando il telefono è bloccato. Come risolvere?

    L’Assistente Google non funziona quando il telefono è bloccato. Come risolvere?

    Su molti smartphone l’Assistente Google non funziona quando il telefono è bloccato. C’è un modo per risolvere questo problema? La risposta è sì e ti indicherò di seguito come sarà semplice avere l’Assistente Google sempre pronto in ogni momento, anche se il telefonino è andato naturalmente in blocco dopo un certo tempo.

    Indice

    L’utilità di Google Assistant

    Google Assistant, l’assistente Google, ci aiuta sempre più spesso a cercare informazioni o servizi attraverso lo smartphone ma anche altri devices come, ad esempio, Google Nest.

    Un consulente SEO considera questa possibilità di ricerca da parte degli utenti quando va ad impostare una strategia SEO per un sito web. Tante ricerche da parte degli utenti avvengono infatti sfruttando la capacità dell’Assistente Google di fornire quasi immediatamente risultati validi. Pensiamo ad esempio quanto è importante l’Assistente Google quando si ha bisogno di cercare velocemente una Farmacia vicina o semplicemente una pizzeria che faccia consegne.

    Google Assistant non funziona con un telefono bloccato

    Tuttavia spesso quando il telefono è bloccato Google Assistant non funziona. C’è bisogno che l’utente prenda il telefonino, lo sblocchi con la password o l’impronta digitale e solo dopo può pronunciare validamente le parole “hey Google”.

    Molti sono gli utenti che si lamentano di quello che è evidentemente un ostacolo all’utilizzo di Google Assistant soprattutto quando è parte molto importante del loro flusso di lavoro quotidiano, mentre, per esempio, lavorano da casa.

    Quale soluzione?

    Per rendere Google Assistant sempre attivo disattiva l’ottimizzazione della batteria per le seguenti app: Google Assistente Google.

    Per procedere vai in Impostazioni-> Batteria -> Ottimizzazione batteria.

    Inoltre se ancora non funziona assicurati che la tua connessione dati sia sempre attiva. Ci sono alcune impostazioni di risparmio della batteria che tagliano i dati quando sono bloccati, ma in quel momento non riceverai notifiche.

    Assicurati che l’Assistente Google sia autorizzato a utilizzare i dati in background. Verificare la concessione dei diritti necessari.

  • Google Chrome: si potranno cancellare ultimi 15 minuti di cronologia su Android

    Google Chrome: si potranno cancellare ultimi 15 minuti di cronologia su Android

    Gli utenti di Android potrebbero avere presto la possibilità di cancellare con un click gli ultimi 15 minuti di cronologia. Google sta infatti lavorando a una nuova funzionalità per Chrome che consentirà agli utenti di cancellare gli ultimi 15 minuti di dati di navigazione su Android.

    La nuova funzionalità dovrebbe essere chiamata “eliminazione rapida” e con tutta probabilità sarà disponibile dal menu di overflow situato dove si trovano i tre punti verticali nell’angolo in alto a destra.

    Tuttavia, non è ancora chiaro se i dati cancellati siano semplicemente la cronologia del browser o tutte le attività dell’account.

  • Google investe 300 milioni di dollari nella start-up di intelligenza artificiale Anthropic

    Google investe 300 milioni di dollari nella start-up di intelligenza artificiale Anthropic

    Google ha investito 300 milioni di dollari nella start-up di intelligenza artificiale Anthropic con sede in Delaware mentre continua il suo sviluppo nella tecnologia.

    L’investimento è stato effettuato dalla divisione cloud di Google. All’inizio di questo mese, Google ha ridefinito parte della leadership nella sua divisione cloud, incluso il suo principale dirigente delle vendite negli Stati Uniti.

    E’ quanto riporta il Financial Times secondo il quale l’accordo darà a Google una partecipazione del 10% nella società. A sua volta Anthropic dovrebbe acquisire risorse di calcolo dall’unità cloud di Google.

    Anthropic ha creato un chatbot noto come Claude che è simile a ChatGPT di OpenAI, tuttavia Claude non è stato rilasciato pubblicamente.

    “Stiamo collaborando con Google Cloud per supportare la fase successiva di Anthropic, in cui distribuiremo i nostri sistemi di intelligenza artificiale a un gruppo più ampio di persone”, ha affermato Dario Amodei, CEO di Anthropic. “Questa partnership ci offre le prestazioni e la scalabilità dell’infrastruttura cloud di cui abbiamo bisogno”. “Siamo ansiosi di utilizzare l’infrastruttura di Google Cloud per creare sistemi di intelligenza artificiale affidabili, interpretabili e guidabili. Questa partnership con Google Cloud ci consentirà di costruire una piattaforma AI più solida”, ha affermato Dario Amodei.

  • Considerare i pro e i contro dei provider di hosting più popolari per il proprio progetto online

    Considerare i pro e i contro dei provider di hosting più popolari per il proprio progetto online

    Indice

    Chi di noi non ha mai avuto il sogno di creare un sito web? Magari vi siete portati avanti e avete già pensato ai contenuti e disegnato l’interfaccia: la vostra pagina è praticamente pronta. Ma manca un ultimo passaggio. Come fare in modo che tutti gli utenti la possano visitare? È qui che entrano in gioco gli hosting.

    Gli hosting sono proprio quello che permette a utenti di tutto il mondo di visitare la vostra pagina. Non solo: la scelta di un buon provider può fare la differenza fra un sito di successo e uno fallimentare. Infatti, l’hosting non solo influisce sull’esperienza degli utenti, ma è anche la chiave per garantire un buon posizionamento SEO alla propria pagina. Andiamo ora a vedere quali sono le cose da considerare durante la scelta di un hosting.

    Perché l’hosting serve

    Una pagina web in sé è soltanto un insieme di file. Non basta avere il proprio sito salvato sul computer perché esso possa essere visto dai residenti di internet. Bisogna che esso sia caricato su un server dedicato, capace di rispondere alle richieste di download e di upload da parte di utenti in tutto il mondo. È proprio questo il servizio offerto dagli hosting: spazio su un server con abbastanza potenza da potersi interfacciare col mondo.

    Ma quello che viene offerto dai provider non termina qui, altrimenti non si spiegherebbero le numerose offerte che esistono. Per essere più che adeguato, un hosting deve garantire ai visitatori della vostra pagina una user experience di qualità, che li spinga a ritornare regolarmente sul vostro sito. Non solo: ad un alto grado di soddisfazione degli utenti è associato un punteggio SEO elevato. Se queste informazioni vi sono state utili, potete trovarne altre qui. Può essere però difficile capire cosa renda uno migliore o peggiore dell’altro, o quanto esattamente siano importanti certe funzioni ed eventualmente a quali rinunciare per accaparrarsi l’offerta migliore. Eccovi spiegato tutto.

    Spazio su disco

    Come si è già detto, il compito principale degli hosting è quello di ospitare il vostro sito in modo che sia disponibile a tutti. Ovviamente, più spazio c’è, maggiori potranno essere i contenuti della pagina: dall’altra parte, questo comporterà l’aumento del costo del pacchetto.

    Diversi provider offrono, ad un minor costo, la possibilità di usufruire di un servizio di hosting condiviso al posto che di uno dedicato. Ciò significa che più pagine web oltre alla vostra sono ospitate sullo stesso server, condividendo lo spazio. A prima vista questa può sembrare un buon affare, ma in realtà può rivelarsi svantaggioso per diversi motivi. Infatti, più cresce il numero di pagine ospitate su un singolo cresce, più diminuisce il numero di risorse che possono essere dedicate a ciascuna. Rendendole così più lente, meno efficienti, più suscettibili a blocchi e a crash.

    Inoltre, c’è anche la possibilità che, a vostra insaputa, il vostro sito condivida la propria “casa” con una pagina poco raccomandabile, che pubblica articoli fuorvianti o di spam. Dato che questo tipo di webpage sono penalizzate nei motori di ricerca, c’è la possibilità che anche quelle che condividono lo stesso spazio siano segnalate da Google come non attendibili. Compresa, potenzialmente, la vostra. Considerate attentamente entrambe le opzioni a seconda della tipologia di sito che volete creare.

    Il tempo di uptime

    L’uptime di un sito è il lasso di tempo durante il quale esso è continuativamente online, e “aperto” alle visite. Purtroppo, per vari motivi (ad esempio di manutenzione) un uptime ideale del 100% non è raggiungibile: ma gli hosting migliori dovrebbero ambire ad avvicinarsene il più possibile.

    I siti che non offrono un servizio il più costante possibile sono afflitti da diversi problemi. Il primo è una questione di utenza: i visitatori tendono ovviamente a prediligere pagine che non si bloccano continuamente. Un sito con uno scarso uptime tende ad allontanare gli utenti. Ma i problemi non si fermano qui.

    Oltre che dai visitatori, una pagina con basso tempo di uptime è penalizzata anche da Google stessa. È qui che cominciano i problemi SEO: l’algoritmo del motore di ricerca tiene conto, oltre che delle parole chiave e dei contenuti, del fatto che le pagine web offrano un’esperienza di qualità. E fra i fattori che sono tenuti in considerazione c’è anche la continuità del servizio.

    Il motore di ricerca assegna un punteggio SEO molto più basso alle pagine con scarso uptime rispetto a quelle che sono online la maggior parte del tempo. Questo è anche dovuto al fatto che i “crawler”, ovvero strumenti di Google che indicizzano tutte le pagine raggiungibili all’interno di un database, potrebbero non trovare la vostra pagina nel caso che essa risulti offline. Rendendola temporaneamente introvabile sui motori di ricerca.

    Velocità di caricamento

    Dalla velocità di caricamento di una pagina dipende il numero di visualizzazioni. Infatti, una pagina che impiega più di 3 secondi a caricare è abbandonata da più del 40% degli utenti. Ma come abbiamo visto, la velocità di caricamento di una pagina è una caratteristica determinante anche nel posizionamento nei motori di ricerca. A pagine più lente viene assegnato un punteggio SEO più basso, facendole scendere di posizione nella classifica di Google. Pertanto, la velocità dovrebbe essere una delle priorità assolute in qualsiasi servizio di hosting di qualità, che deve essere in grado di offrire un caricamento più ottimizzato possibile. Fortunatamente, esistono strumenti di Google per controllare la rapidità del proprio sito.

    Posizione geografica e uso di CDN

    A seconda dell’utenza che desiderate attirare nel vostro sito, è importante che controlliate bene la posizione geografica del server. Infatti, più un visitatore è lontano dal server, più la pagina impiega a caricare.

    Se pensate che la maggior parte delle visite verrà dall’Italia, acquistate quindi un server che abbia sede in Italia. Ma se volete utenti da tutto il mondo? La soluzione è usufruire di una CDN (Content Delivery Network), una rete di server altamente distribuita che permette agli utenti di visualizzare la pagina minimizzando i tempi passati a caricare. Per documentarsi ulteriormente sull’argomento potete leggere questo articolo. Non tutti i provider mettono a disposizione CDN, quindi controllate bene.

  • Google ADS e marchi registrati. Come richiedere l’autorizzazione?

    Google ADS e marchi registrati. Come richiedere l’autorizzazione?

    I marchi registrati e Google ADS

    Una delle difficoltà quando si va a preparare una campagna Google ADS può essere costituita dall’esistenza, tra le parole chiave scelte nell’impostare un annuncio, di un marchio registrato.

    Ciò che può accadere è che la propria campagna non viene approvata o approvata con limitazioni.

    Facciamo un esempio: Ipotiziamo che un cliente proprietario di una palestra vi chiede in qualità di suoi consulenti Google ADS di impostare una campagna che abbia ad oggetto uno dei suoi corsi tanto di moda e che probabilmente è un marchio registrato internazionale .

    Fate le vostre brave indagini sulla search volume ed altro, pianificate e impostate la campagna inserendo nel titolo e all’interno dell’annuncio proprio la parola in questione che identifica perfettamente il tipo di corso.

    Ad un certo punto vi stupite che l’annuncio non parte o risulta “limitata”.

    Google ADS vi avvisa che la parola usata è un marchio registrato e pertanto per poterlo utilizzare c’è bisogno dell’autorizzazione del titolare del marchio.

    Google ADS vi indica anche come procedere e chi contattare mediante un proprio modulo ad hoc.

    La politica dei marchi per Google ADS

    Si tratta di un argomento piuttosto importante e attuale visto che moltissime campagne Google ADS vengono impostate proprio per agevolare il posizionamento con determinati marchi celebri e registrati, soprattutto quando i clienti inserzionisti sono rivenditori.

    Google riconosce l’importanza dei marchi e dedica all’argomento una ben precisa politica sui marchi registrati.

    Gli inserzionisti sono responsabili per le parole chiave e per i contenuti che scelgono di utilizzare per impostare gli annunci.

    Quando Google ADS rileva che si sta usando una keyword corrispondente ad un marchio registrato ne può limitare l’utilizzo e contestualmente avvisa l’inserzionista del problema.

    Approvazione limitata dell’annuncio Google ADS

    Lo stato dell’annuncio si può vedere navigando nella relativa campagna e facendo clic sulla scheda Annunci per visualizzare tutti gli annunci in quella campagna determinata.

    L’annuncio può risultare approvato, approvato (con limitazioni) o non approvato.

    Nel caso l’annuncio risulti non approvato per l’utilizzo di un marchio si può agire nei seguenti modi:

    • Rimuovere il marchio dall’annuncio. Una volta salvato, l’annuncio verrà riesaminato e sarà pubblicato, a condizione che non vengano rilevati altri problemi relativi alle norme;
    • Correggere l’annuncio e la pagina di destinazione in conformità con la politica del rivenditore e del sito informativo (maggiori informazioni qui );
    • Richiedere l’autorizzazione al proprietario del marchio.

    Come richiedere l’autorizzazione al proprietario del marchio.

    Il sistema più rapido è chiedere l’autorizzazione direttamente al titolare del marchio.

    Nel caso non lo si conosce Google ADS mette a disposizione un modulo per poterlo contattare. Si compila il “Modulo di richiesta di autorizzazione di terze parti” .

    Una volta inviato il modulo di autorizzazione, il team di supporto Google ADS dovrebbe provvedere entro due giorni lavorativi.

    Potrebbe accadere che il titolare del marchio, per poter concedere l’autorizzazione, richieda direttamente all’inserzionista di operare delle correzioni, per esempio alla parola chiave. 

    Una volta aggiustato tutto e avvisato il proprietario del marchio, quest’ultimo darà il suo benestare e il team Google autorizzerà l’account Google ADS a utilizzare il marchio.

    Ciò significa che l’inserzionista potrà inviare nuovamente i propri annunci in modo che possano passare nuovamente attraverso il processo di revisione.

    Requisiti richiesti ai rivenditori

    Pagina di destinazione dedicata: la pagina di destinazione dell’annuncio è principalmente dedicata alla vendita (o deve comunque facilitare la vendita) dei beni o servizi corrispondenti al marchio o alla vendita di componenti, parti di ricambio o prodotti o servizi compatibili relativi ai beni o servizi corrispondenti al marchio.

    In sostanza la pagina di destinazione deve fornire chiaramente un modo per acquistare il prodotto o i servizi e nel caso non sia possibile la pagina deve contenere informazioni commerciali (es. tariffe, prezzi o preventivi) sul prodotto o sui servizi.

    Requisiti richiesti ai siti informativi

    Pagina di destinazione dedicata: La pagina di destinazione dell’annuncio deve fornire informazioni sui prodotti o servizi corrispondenti al marchio.

    E i proprietari dei marchi come possono verificare l’utilizzo del proprio marchio nell’annuncio?

    Google ADS ha preparato una guida per i proprietari dei marchi  nella quale si indica come:
    Presentare un reclamo relativo all’utilizzo del marchio negli annunci Google ADS.
    Autorizzare determinati account Google ADS a utilizzare il marchio in questione, compreso il proprio account o quelli di eventuali partner o società consociate.

    PS: Per reclami relativi ad articoli contraffatti o a contenuti protetti da copyright esistono ulteriori norme.

  • Le norme editoriali di Google AdWords

    Le norme editoriali di Google AdWords

    Le norme editoriali di Google AdWords rappresentano una precisa filosofia editoriale che è necessario rispettare quando si imposta una campagna.

    Nel nostro modo di scrivere su internet, dalle chat ai blog, siamo abituati ad usare molto spesso determinati caratteri speciali come ad esempio gli emoticons.

    Inoltre molto spesso siamo abituati ad abbreviare i termini o non curarci più di tanto di refusi ed errori di ortografia dando spesso e volentieri colpa al famigerato T9.

    In Google AdWords errori ortografici e caratteri speciali non sono consentiti.

    Ma andiamo ad approfondire meglio la questione.

    La filosofia editoriale di Google AdWords

    Nel supporto di AdWords esiste un capitolo dedicato ai Requisiti Redazionali dove si indicano con esempi concreti quali errori non sono consentiti.

    Gli errori possono riguardare:
    – stile e ortografia
    – Punteggiatura e simboli
    – Lettere maiuscole
    – Ripetizioni
    – Spaziature non consentite

    Inoltre non è possibile aggiungere il numero di telefono nel testo dell’annuncio ma in alternativa si possono utilizzare le estensioni di chiamata.

    Infine, sempre lato contenuto, è necessario assicurare una determinata qualità alle immagini e ai video.

    Il motivo delle norme editoriali

    Le norme editoriali di AdWords sono state redatte con una particolare attenzione all’utente che vedrà il vostro annuncio. Google intende, infatti, garantire un’esperienza utente coerente e chiara e non ingannevole.

    Cosa accade se si violano le norme editoriali?

    Molto semplice: gli annunci non conformi alla politica non verranno mostrati.

    Facciamo alcuni esempi di errori più comuni:

    Dal punto di vista della grammatica: evitare errori di battitura, punteggiature esagerate tipo “Acquista ora !!!”, simboli non necessari come “&”, l’utilizzo del “+” al posto della congiunzione “e”, parole senza senso alcuno, alternanza di caratteri minuscoli e maiuscoli, parole tutte in maiuscolo, utilizzo di emoticons.

    Dal punto di vista dello stile: non includere “Fai clic qui” nel tuo annuncio, non includere il numero di telefono nel testo dell’annuncio, ma utilizza un’estensione di chiamata ed inoltre gli annunci illustrati devono essere chiaramente contrassegnati con il nome di un’azienda, il logo e l’URL di visualizzazione.

  • Come valutare le performances di una campagna Google ADS

    Come valutare le performances di una campagna Google ADS

    La valutazione delle performance di una campagna Google ADS è tra le attività continuative che un buon consulente Google ADS deve avere tra le sue tasks operative.

    Bisogna sapere cosa sta funzionando e soprattutto cosa non sta funzionando per non investire inutilmente una parte o tutto il budget destinato ad una o più campagne tramite lo stupendo strumento offerto da anni da BigG.

    Le performances di una campagna Google ADS sono monitorate anche dallo stesso software che offre la possibilità di mostrare determinate criticità e, addirittura, di proporre aggiustamenti per ottenere risultati migliori.

    Per valutare le performances si utilizzano frequentemente i rapporti e le metriche.

    Le metriche più importanti di Google ADS

    Impressioni. Le impressioni mostrano la frequenza con cui il tuo annuncio è stato mostrato su una pagina dei risultati di ricerca o sul sito della Rete Google.

    CTR: quanti clic ha ricevuto il tuo annuncio. La percentuale di clic (CTR) indica la percentuale di persone che ha visto il tuo annuncio e fatto clic su di esso.

    Conversioni: Le conversioni mostrano quante persone hanno fatto clic sul tuo annuncio nel tuo sito e hanno fatto qualcosa che per te ha valore, ad esempio effettuare un acquisto, inscriversi ad una newsletter, telefonare o eseguire download.

    CPA: Costo per acquisizione o costo per conversione che indica quanto costa la conversione di ogni annuncio.

    Tasso di conversione: Il tasso di conversione mostra quante conversioni sul tuo sito sono il risultato di un clic sull’annuncio. Esempio: 50 conversioni da 1.000 clic, 50 ÷ 1000 = 5 percento tasso di conversione.

    Ritorno sull’investimento (ROI): ci dice quanto è efficace la tua spesa pubblicitaria mostrandoti quanto ti restituisce.

    Come si calcola il ROI? Il ROI viene calcolato con questa formula: (Profitto – Costo) / Costo.
    Esempio: se il tuo annuncio ha generato € 1,200 di vendite per un prodotto che costa € 600 e il costo pubblicitario è stato di € 200, il ROI è [€ 1,200 (€ 600 + € 200)] / (€ 600 + € 200) = 50% ROI.

    Ritorno sulla spesa pubblicitaria (ROAS): permette di esaminare esclusivamente l’efficacia dei propri annunci. Il ROAS è una misura dell’efficacia di un annuncio che non contiene aspetti come il costo delle merci o altri costi del attività commerciale.

    Facciamo un esempio concreto: stiamo portando avanti una campagna per un sito di ecommerce che vende discretamente bene. L’obiettivo posto dal capo è di capire se si può vendere di più a parità di budget investito e di stagionalità. Ecco che ci vengono incontro le metriche di Google ADS. Potremmo, restando nell’esempio, raccogliere in un report i dati di frequenza di clic che hanno generato vendite e percentuale rispetto a quelli che non ne hanno generato.
    Si tratta dunque di estrapolare per ogni annuncio, o per ogni parola chiave in gioco, il tasso di conversione.

    Come misurare il rendimento di una campagna

    Ci sono degli indicatori chiave di performances che vanno monitorati almeno settimanalmente. Oltre al quadro generale della campagna che si fa anche semplicemente osservando la Panoramica di Google ADS, bisogna poi approfondire cliccando sulle seguenti schermate:

    Campagna: per vedere il rendimento complessivo delle campagne
    Gruppi di annunci: per vedere e capire quanto i singoli annunci stanno effettivamente promuovendo il prodotto o il brand, quante impressioni ottengono, quanti click ecc.
    Il rapporto sui termini di ricerca per comprendere quali query hanno digitato gli utenti su Google prima di atterrare tramite l’annuncio sul sito di destinazione. Tramite questo rapporto è possibile anche immediatamente rendersi conto se ci sono nuove parole chiave che stanno generando più click e aggiungerlo così nell’elenco generale delle parole chiavi o, viceversa, escludere il termine mediante il tool parola chiave inversa.
    User location: sapere dove risiedono gli utenti è utile per indirizzare a quella determinata area una certa campagna in modo più efficace.
    Geolocalizzazione: sapere da dove gli utenti hanno manifestato interesse è ugualmente utile.
    Esperienza della pagina di destinazione: per migliorare la propria landing page nel caso mostra un punteggio basso
    Confronto tra visitatori da organico e da Google ADS: è importante per capire come i clienti cercano un prodotto o servizio e puntare su nuove parole chiave.
    Il flusso di conversione: una volta attivate le conversioni si possono studiare i flussi, il percorso che gli utenti fanno per convertire, clic e fattori vari lungo il percorso.

error: Content is protected !!